domenica 27 aprile 2014

Roma ha quattro Papi, beati Roncalli e Woytila

La Chiesa ha due nuovi Santi, Roma ha quattro Papi. Nell’antica Basilica intitolata al primo dei successori di Cristo, il Pontefice che ha preso il nome del santo più vicino a Dio nella storia intera della Chiesa ha beatificato insieme al suo predecessore, l’unico che ha avuto il coraggio del “gran rifiuto” dopo Celestino V, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, le cui spoglie mortali riposano nella cripta sotto l’altare su cui le loro anime sono state beatificate.
Nella sua lunga storia bimillenaria, alla Chiesa cattolica è accaduto di avere due papi in contemporanea. Oggi ne ha avuti addirittura quattro. Angelo Roncalli, Karol Woytila, Joseph Ratzinger e Jorge Mario Bergoglio hanno riportato l’attenzione del mondo su quella Basilica, su quella città e su quella Chiesa da cui dai tempi di Cristo sono stati indirizzati le coscienze e lo spirito umano, pur con alterne fortune.
A giudicare dalla presenza di folla a San Pietro e nella piazza antistante i tempi della profezia di Nostradamus secondo cui quello attuale dovrebbe essere l’ultimo pontificato della storia sembrano assai lontani. Roma è tornata per un giorno caput mundi, capitale del mondo, nel nome di un potere che non ha più nulla forse di temporale ma che sembra mantenere intatto e più forte che mai tutto ciò che di spirituale gli hanno attribuito duemila anni di religione cristiana.
Per l’uomo che da un anno a questa parte ha scelto di chiamarsi Francesco e che a detta di molti sta facendo rivivere al mondo la predicazione del poverello d’Assisi primo a fregiarsi di quel nome, si tratta di un successo innegabile, l’ennesimo di una serie già lunga dopo solo un anno di pontificato. Bergoglio vescovo di Roma sta spazzando via quanto di medioevale e di fariseo aveva inquinato il messaggio cristiano attraverso i secoli e gli ultimi decenni in particolare. Può farlo perché parla il linguaggio di San Francesco con convinzione, ma anche perché segue ultimo in ordine di tempo la vicenda terrena di predecessori che al pari di lui forse hanno saputo rivitalizzare l’immaginario collettivo di chi guarda ancora al Vaticano come guida spirituale.
Giovanni XXIII è un ricordo di chi comincia ad avere una certa età. Quei bambini ai cui genitori raccomandò di portare loro a casa “la carezza del Papa” la sera dell’11 ottobre 1962, quella in cui si aprì lo storico Concilio Vaticano II che avrebbe cambiato la Chiesa per sempre, ormai sono cinquantenni o sessantenni. Che si ricordano perfettamente del Papa Buono e di come seppe mettere fine a Guerre Fredde e divisioni ataviche e odi religiosi millenari in soli cinque anni. Costringendo chiunque fosse venuto dopo di lui a proseguire sulla strada di un Vangelo ricondotto praticamente alle origini.
Giovanni Paolo II era il papa venuto “da un paese lontano”, che parlava male l’italiano e che pregò la folla di “correggerlo, se sbagliava”, la sera della sua elezione il 16 ottobre 1978. Quell’anno, un Papa era già morto disperato per non aver potuto salvare la vittima più illustre del terrorismo che insanguinava l’Italia, Paolo VI che se ne andò pochi mesi dopo Aldo Moro. Un altro invece era poi morto misteriosamente, dopo solo un mese di pontificato in cui aveva promesso di cambiare tutto, ma proprio tutto. Come i suoi predecessori di cui aveva preso il nome, Giovanni che aveva aperto il Concilio e Paolo che lo aveva chiuso. Woytila scelse di essere il secondo Giovanni Paolo, rendendo omaggio a tutti e tre i suoi maestri. Le sue prime parole furono “Non abbiate paura”, e un mondo che di paura ne aveva tanta in quel momento sentì di credergli.
Benedetto XVI, il papa teologo, era stato per Woytila quello che Paolo VI era stato per Giovanni XXIII, colui che dava sostanza ed organizzazione alle riforme. Ma sentendosi più vecchio di quanto le difficoltà della Chiesa moderna richiedessero di essere, aveva fatto ciò che i teologi più tradizionalisti avevano sempre escluso, poiché secondo dottrina “non ci si può sottrarre alla croce”. Ratzinger tuttavia conosceva le profezie non solo di Nostradamus, e non faticava a scorgervi un fondo di realismo, se la Chiesa avesse continuato sulla china degli ultimi tempi presto non ci sarebbe stata più una Chiesa, urbi et orbi.
Ecco allora il gran rifiuto, per consentire di dare al Vaticano una nuova guida più energica, prima del tempo che la Divina Provvidenza per chi crede o il semplice decorrere della vita terrena di ogni essere vivente gli avevano assegnato. Sempre per chi crede, è opinione comune che lo Spirito Santo orienti la scelta del Conclave chiamato ad eleggere il nuovo Vicario di Cristo, Successore di Pietro. Ecco quindi l’ora di Bergoglio, successore di Francesco, il frate che parlava anche con i lupi e viveva in povertà fra la gente comune come fosse la cosa più normale del mondo.

Abbiamo visto Roma senza Papa, o con due Papi in contemporanea. Non avevamo mai visto Roma con quattro Papi. Se ciò servirà a creare un mondo migliore, ai posteri – ed ai fedeli – l’ardua sentenza. Certo che se non ci riesce il messaggio di Papa Francesco e dei suoi beati predecessori, allora all’umanità restano ben poche speranze.

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