mercoledì 7 maggio 2014

Sciocchezzario di Coppa Italia

Mentre proseguono le indagini sulla Coppa insanguinata, e siamo già arrivati al punto ormai ben noto in cui – secondo costume inquirente – non si sa più chi ha sparato a chi, ci corre l’obbligo di condurre una operazione di servizio civile. Non potendo più fare alcunché per risollevare l’immagine dell’Italia, al cui affossamento definitivo ha probabilmente provveduto egregiamente il capannello sportivo - istituzionale raccoltosi attorno alla figura di Genny ‘a carogna (a proposito del quale il mondo politico e giudiziario è tra l’altro impegnato nell’avvincente dibattito circa la definizione della posizione passata, presente e futura nei riguardi del casellario giudiziale), si ritiene di poter comunque aiutare il nostro paese a toccare il fondo più in fretta (a fini di una eventuale per quanto sempre meno probabile risalita) dando conto di una serie di posizioni pubbliche assunte da figure di altrettanto rilievo e spessore nel nostro panorama istituzionale, politico, civile, sportivo, giudiziario, e chi più ne ha più ne metta.
Giancarlo Abete e Giorgio Napolitano
Cominciare dal Presidente della Repubblica è un obbligo costituzionale, oltre che morale. Giorgio Napolitano a margine della finale di Coppa Italia risoltasi in una comparsata quale non si vedeva dai tempi di Masaniello (o secondo alcuni, di Pulcinella) ha dichiarato, con la consueta retorica di ispirazione risorgimentale: “I club (sportivi, n.d.r.) non scendano a compromessi con i teppisti”.
Caro Presidente, forse nella concitazione del momento e nel veder coinvolta quella città a Lei notoriamente molto cara e di cui porta il nome che si snoda ai piedi del Vesuvio, Le sarà sfuggito un particolare. I club non hanno rilevanza costituzionale nel nostro paese e quindi non rientrano tra i soggetti verso i quali la nostra Carta fondamentale ha inteso dotarLa del cosiddetto “potere di esternazione”. Vi rientrano invece a pieno titolo tutte le istituzioni pubbliche repubblicane, sottoposte alla vigilanza esplicita ed implicita della Sua che è la massima carica dello Stato e vincolate peraltro – diciamo così – “statutariamente” dai codici penale e civile a non scendere mai a compromessi con quei soggetti di diritto privato che Lei ha inteso ricomprendere nella categoria “teppisti”.
Del resto, va detto, non si può fare sempre d’ogni erba un fascio, e nel nostro ordinamento giuridico il precedente ha pur sempre il suo peso. Se nel caso della trattativa Stato-Mafia qualche “forma interpretativa” del suddetto principio più adeguata ai tempi – difficili – che abbiamo vissuto e stiamo vivendo si è dovuta trovare, al punto di dover disturbare sia pure per atto dovuto il Suo austero ufficio, figuriamoci se si può esser fiscali con chi per il proprio di uffici si reca a parlare con Genny ‘a carogna. Ma a meno che il Presidente del Consiglio incaricato da Lei recentemente abbia in serbo una riforma costituzionale assai più creativa di quella già presentata alle Camere ed al Paese, i club ancora non hanno sostituito le istituzioni repubblicane (anche se molti ormai dei quotidiani in edicola leggono solo le pagine sportive, et pour cause). Che forse, sempre nella concitazione del momento, erano le corrette destinatarie della Sua esternazione.
Marek Hamsick e Genny 'a carogna
Sempre per rimanere in ambito istituzionale, spiccano per singolarità le dichiarazioni, affidate come ormai di consueto nell’era della politica virtuale e della civiltà cibernetica a Facebook dal Governatore della Regione Toscana – forse interessata alla finale di Coppa Italia per competenza territoriale – Enrico Rossi. Andiamo a leggere: “45 milioni all'anno per l’ordine pubblico negli stadi. Soldi a carico di tutti a differenza di quanto avviene all'estero dove a pagare sono le società di calcio. Se poi i risultati sono questi sono soldi buttati via. Facciamo anche noi come in altri paesi e diamo queste risorse alla sanità o al trasporto pubblico”.
Ora, per quanto la scelta del social network come mezzo di comunicazione notoriamente favorisca se non induca al rilascio di amenità con scarso margine di controllo, è sempre bene, caro Governatore, documentare un minimo anche queste amenità che si “postano” – anche qui riteniamo – nella concitazione del momento. A quanto risulta a chi ha un minimo di studi giuridici – se non di viaggi più o meno organizzati e non esclusivamente di piacere – alle spalle, nei cosiddetti “paesi civili” (ma sull’appartenenza a tale categoria c’è da discutere e, conoscendoLa, si discuterebbe senz’altro) organizzazione e mantenimento dell’ordine pubblico sono funzioni tipiche e competenze specifiche dei soggetti pubblici. Leggasi autorità di pubblica sicurezza. L’intervento privato è quasi sempre demandato in deroga a tale principio a milizie assoldate più o meno a titolo personale laddove invece narcotraffico, malavita organizzata a vario titolo, ricchezza personale smodatamente accumulata in mezzo a miseria abissale e/o terrorismo anch’esso più o meno organizzato lo rendano opportuno, in concomitanza con forme statali più o meno fatiscenti (qualora qualcuno ravvisi nella precedente descrizione realtà riconducibili al nostro paese, ogni riferimento è, almeno nelle intenzioni di chi scrive, puramente casuale).
Quanto alla Sanità ed al Trasporto pubblico, caro Governatore, consenta anche a chi scrive un’amenità. Conoscendo come vanno le cose in quei settori dell’Amministrazione della Sua e di altre Regioni, forse è meglio che quei 45 milioni di euro continuino ad essere spesi per l’ordine pubblico, dove almeno la televisione le “carogne” ce le rende visibili.
E veniamo alle affermazioni di un ispettore della Digos - rimasto comprensibilmente anonimo – rilasciate alla testata Il Secolo XIX. Riportiamo fedelmente: “Perché parliamo con la Carogna? Perché una mano lava l’altra, meglio fare una brutta figura che correre il rischio che qualcuno si rompa la testa. E poi sono quelli che se ne stanno con il culo al caldo che la chiamano figura di merda, chiaro? La Carogna ha fatto da tramite, non c’è stata nessuna trattativa. Si, anche io lo faccio sempre, lo faccio al telefono, anche durante la partita. Sono allo stadio per garantire l’ordine pubblico. Gli Ultras? Ma quali delinquenti……Mi risulta che quel signore, la Carogna, avesse scontato il suo Daspo, quindi allo stadio ci poteva stare”.
Ecco, riteniamo superfluo commentare le parole di questo signore il cui nome rimarrà ignoto e che verosimilmente è un collega dell’Ispettore Raciti ucciso a Catania qualche anno fa da quello Speziale il cui nome campeggiava sulla maglietta del privato e libero cittadino sig. Carogna. Un agente della Polizia di Stato italiana, e non della polizia borbonica di re Franceschiello, o del Papa Re al tempo di Porta Pia. Ci limitiamo ad osservare che alla luce di queste affermazioni, viene da chiedersi se le 30.000 magliette ordinate a Napoli come replica di quelle del sig. Carogna abbiano per caso avuto l’autorizzazione preventiva della locale Questura. Così, sempre per garantire l’ordine pubblico, per carità. O almeno quello che intendono da quelle parti per ordine pubblico.
Achille Serra, delegato della Lega Calcio ed ex Prefetto di Firenze, ha comunque fiancheggiato l’ignoto collega. “Impossibile filtrare bombe e striscioni”, dice Serra. Se siete ancora in linea, non chiedetevi allora perché per entrare allo stadio Franchi a Firenze praticamente vi ignudano, vi fanno depositare anche gli accendini Bic e vi aprono le bottigliette di acqua minerale. Forse si vedono meglio di uno dei missili stinger lanciati dai colleghi napoletani dalla Curva Nord dell’Olimpico. Ma non è tutto, l’ex Questore và giù deciso: “Non mi vergogno di andare a parlare con i capi della tifoseria per chiarire quello che è successo (sic!) e chiedere calma. Farlo, per un poliziotto, è doveroso”. No comment.
Chiudiamo questa carrellata tornando ad un presidente, benché onorario e di una società sportiva. Che ha ritenuto di accogliere l’accorato appello del Presidente Napolitano, manco fosse una carica dello Stato anche lui. Parliamo di Diego Della Valle, che ha chiosato sui fatti dell’Olimpico come segue: “Io ero lì a Roma, sapevo le cose che stavano accadendo dal telefonino di una persona vicino a me, ma non sapevamo di più (….) Firenze è una città che ama il calcio, quando arrivammo noi c’erano piccoli gruppi di tifosi piuttosto “caldi” ed abbiamo spiegato che noi volevamo occuparci di una società che fosse protagonista di uno sport sano con valori veri e la città ha capito subito; i tifosi viola si sono comportati sempre molto bene. Il colloquio tra Hamsik e i tifosi? Noi capivamo poco dalla tribuna (….)  Pasqual a colloquio con Genny ‘a Carogna? Noi non lo avremmo mai mandato, né io né mio fratello. Sabato sera le autorità hanno fatto bene a rimanere sedute ma adesso si devono muovere e trovare delle soluzioni da adottare contro certi episodi”.
Caro Dott. Della Valle, dalle immagini che sono andate in mondovisione tutti hanno potuto vedere che sabato sera a Roma c’erano solo due persone sedute, mentre succedeva quello che succedeva, tra cui l’abbandono dei vostri 30.000 tifosi (che forse avevano pagato con valuta di minor pregio rispetto ai dirimpettai napoletani) all’oblio totale. Queste due persone erano lei ed il Presidente del Consiglio Matteo Renzi (forse anch’egli aggiornato approssimativamente dal telefonino di qualche amico). E lo siete rimasti fino alla fine dello psicodramma orchestrato dalla Carogna & C. senza muovere la parte del corpo accomodata sulla poltrona dello stadio. Mentre il suo omologo De Laurentiis non mollava un attimo autorità civili e sportive, lei e suo fratello sorridevate alle telecamere come turisti giapponesi in gita o fedeli polacchi a Roma per assistere alla canonizzazione di Papa Woytila.
Quanto a Pasqual, se lo lasci dire caro della Valle. Non c’è bisogno di mandarlo a parlare con nessuno, perché a Firenze gente come Genny ‘a carogna non c’é. Nun ce sta, per dirla nella lingua ufficiale della Federcalcio. La Coppa è andata a Napoli perché era chiaro che altrimenti nessuno sarebbe uscito con le ossa intere da quello stadio. Nessuno di quelli tenuti dentro un cancello chiuso, intendiamo, gli altri potevano andare invece dove volevano, e l’hanno fatto. E questo è quello che ci hanno guadagnato i tifosi viola a comportarsi bene.

Grazie dott. Della Valle, ce ne ricorderemo. La prossima volta che le viene voglia di far scrivere a qualcuno dei suoi dipendenti che “potrebbe stancarsi e lasciare la Fiorentina”, faccia una bella cosa. Pensi che potrebbe essere la gente di Firenze a stancarsi di lei. Cosa succede in quel caso, chieda a Pontello. Dovrebbe ricordarselo ancora molto bene.

Nessun commento:

Posta un commento