sabato 16 agosto 2014

Il contratto sociale

Il primo atto della gestione Tavecchio è dunque la nomina del nuovo Commissario Tecnico della Nazionale. Un atto quasi dovuto, se si pensa alla necessità drammatica di rilancio di un calcio – quello italiano – che è arrivato in occasione del mondiale brasiliano al suo minimo storico. Antonio Conte, reduce da tre anni di successi sulla panchina della Juventus (bruscamente interrotti circa un mese fa con un addio che sul momento era sembrato a sorpresa), è il tecnico più vincente del calcio italiano al presente, essendo Fabio Capello fuori mercato a causa del contratto che lo lega alla Federazione Russa fino al 2018 e ai mondiali disputati in casa di Putin.
Volendo tornare a vincere qualcosa, c’era insomma poco da scegliere. I nomi che si facevano in alternativa erano poco appetibili e poco convincenti. Sulla panchina azzurra torna a sedersi un allenatore che viene da vittorie di club importanti, e pazienza – almeno per la metà d’Italia che non è bianconera – se quelle vittorie sono state tutte ottenute in quel di Torino, come era successo nei casi precedenti di Lippi e Trapattoni.
Ma più che la provenienza del nuovo CT a scatenare il web in un’ondata di polemiche che forse meriterebbero cause migliori è la natura economica dell’accordo. Ad Antonio Conte andranno 3,5 milioni di euro l’anno, dei quali 1,6 ce li metterà la Federazione, che sulla base di questa cifra aveva già offerto al predecessore Cesare Prandelli un improvvido e intempestivo rinnovo già prima dei disastrosi mondiali brasiliani, mentre i restanti 1,9 ce li metterà lo sponsor della Nazionale, la Puma.
Sono cifre importanti, che indubbiamente fanno una certa impressione in un mondo in cui ormai la parola d’ordine è un motto anglosassone, spending review, e molte persone hanno visto spostarsi la soglia della disperazione dalla fatidica terza settimana alla seconda, o addirittura anche alla prima. Ma a ben vedere, la spesa a carico dello Stato è la stessa delle passate gestioni, e almeno su questo a Tavecchio e a chi l’ha voluto dov’è adesso non si può fare nessuna colpa. Quanto alla Puma, rifiutarne il contributo è il classico dispetto del marito alla moglie. Dove sarebbe la Nazionale tedesca senza il sostegno storico dell’Adidas?
In realtà, in un paese dove il Presidente della repubblica guadagna più di quello degli Stati Uniti, dove il capo della Polizia guadagna più di quello della C.I.A., dove un qualunque “manager” pubblico o privato si sente autorizzato a chiedere (e ad ottenere) cifre stipendiali che nel resto del mondo civile restano sogni irrealizzabili per figure professionali omologhe o equivalenti, una volta di più ci si dimostra disposti a scandalizzarsi per la busta paga e per le prebende degli altri. Fatta salva magari la propria discutibile disponibilità assoluta a mettersi in coda a rinnovare abbonamenti costosissimi ad un calcio che per lo spettacolo che offre ormai meriterebbe di fare la fine che gli aveva auspicato il buon Mario Monti (con l’unica proposta politica che con il senno di poi aveva azzeccato). Oppure a pagare mensilmente alle PayTV cifre che probabilmente si reputano inammissibili per il pagamento di un qualunque servizio pubblico.
Siamo in Italia, ed il moralismo a buon mercato o a costo zero portato avanti nell’ambiente confortevole e di tutto riposo dei social network ha un fascino irresistibile. La Presidentessa della Camera dei deputati non trova di meglio che diversificare il servizio di parrucchiera (mettendo fine ad una odiosa discriminazione sessista), e tutti zitti. Il Presidente della Regione Toscana invece scatena i suoi ghost writers (a carico pubblico) cavalcando la tigre dell’indignazione in perfetto stile Uomo Qualunque che riaffiora nella nostra società dove facebook sta distruggendo gli ultimi neuroni funzionanti. Con quei soldi ci avremmo pagato almeno 200 infermieri, tuona il Governatore Rossi, dimenticandosi magari poi di spiegare che fine hanno fatto i soldi che lui aveva in gestione, e perché la sua amministrazione continua a tagliare ospedali, servizi e posti di lavoro nel settore sanitario.
Unicuique suum. La parola d’ordine è demagogia insomma, e a tutti i livelli chi più ne ha più ne metta. Nessuno sa fare a meno di un balocco costoso e scadente come il calcio, ma è proprio nel calcio che vorremmo veder attuarsi una moralizzazione che non abbiamo nessuna seria intenzione di promuovere in qualsiasi altro settore della nostra vita civile. Il calcio ha effettivamente delle aggravanti comportamentali, nella vicenda della Nazionale per esempio la commedia delle parti è stata veramente disarmante.
Secondo quella corrente di pensiero cosiddetta deterministica, niente è mai lasciato al caso. Prandelli conclude ignominiosamente il mondiale il 24 giugno, il 29 ha già il contratto con il Galatasaray (oltre a quello – rescisso – con la F.I.G.C.). Pochi giorni dopo Antonio Conte lascia Torino sbattendo quasi la porta e malgrado tutta la dietrologia possibile e immaginabile i giorni successivi dimostrano che non ha in mano niente, contrattualmente parlando. Tutti però sanno che la data decisiva è quella dell’11 agosto, Tavecchio o non Tavecchio, to be or not to be. Arriva Tavecchio, e la prima cosa che fa è telefonare a Conte rassicurandolo che il prossimo è lui.
Antonio Conte è probabilmente l’uomo giusto che arriva al posto giusto nel modo sbagliato, è una costante italiana e a quanto pare c’è poco da fare. Quello che ci si può augurare è che trasferisca in azzurro tutta la grinta che ha messo in bianconero per tre anni e che l’Italia torni ad essere qualcosa di più dell’ectoplasma – complicato dai neurodeliri di Balotelli – visto all’opera negli ultimi anni.

Poi c’è la questione di Firenze, dove già molti brontolano e rumoreggiano, farneticando di nuovi assedi, boicottaggi o non si sa bene che altro presso il Centro Tecnico Federale di Coverciano. Firenze si è spesso fatta male da sola negli ultimi 20 anni proprio coltivando una guerra personale alla Federazione e alla Nazionale che non ha prodotto niente di buono e anzi spesso ha complicato i tentativi di ripresa di un discorso di vittorie. L’auspicio è che questo atteggiamento cambi, che la Nazionale di Conte venga a Coverciano tranquilla a preparare un nuovo ciclo di vittorie, e che i fiorentini ritrovino il gusto antico del fare, che troppo spesso in epoca recente è stato sostituito da quello del parlare.

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