domenica 19 ottobre 2014

Fiorentina dove sei?

C’è chi sostiene che statisticamente le soste di campionato non fanno bene alla Fiorentina. C’è chi invece pensa che siano le sessioni di calciomercato a far del male alla squadra viola. Per non parlare delle battaglie in Lega Calcio ed in Confindustria, da quelle – ritengono in molti – Firenze calcistica ne esce sempre con le ossa rotte.
Dove eravamo rimasti? Ah, si, alle lacrime di Omar Gabriel Batistuta, il più grande centravanti del mondo negli anni novanta, commosso e orgoglioso di aver visto finalmente certificato il suo posto nella storia della Fiorentina dall’inserimento nella Hall of Fame. Lacrime accompagnate da quelle del figlio Lucas, che in cuor suo sogna giustamente di ripercorrere le orme del padre, cominciando proprio da qui, da Firenze.
Sono gli ultimi ricordi felici ed emozionanti, assieme ai lampi scagliati contro la malcapitata Inter. Poi la sosta azzurra, che ci è servita per ammirare un Alberto Aquilani forse unico giocatore italiano in grado di poter aspirare a raccogliere nell’immediato l’eredità di Andrea Pirlo ed un Federico Bernardeschi forse unico giovane italiano in grado di poter aspirare un giorno a raccogliere l’eredità di Alberto Aquilani. Incassate le vittorie sofferte della Nazionale al cospetto ormai consueto del consigliere federale Claudio Lotito, ecco di nuovo il medesimo in qualità di patron della Lazio accompagnare la sua squadra al Franchi per una ripresa di campionato che metteva di fronte due presunte parigrado, aspiranti al famoso terzo posto in Champion’s League, dati per scontati i primi due.
Si può girare intorno a questo 0-2 casalingo subito dai viola contro i biancocelesti come si vuole, in fondo la carne al fuoco è tanta. Ma è bene dire subito, per prima cosa, che della quattro vittorie esterne ottenute a Firenze dalla Lazio negli ultimi cinque anni questa di oggi è senz’altro la più netta. Nel primo tempo i romani appaiono decisamente più forti dei fiorentini. Nella ripresa i padroni di casa si ricordano chi sono, o forse chi erano, e aggrediscono gli ospiti con ben altro piglio, sfiorando il pareggio – mancato anche per sfortuna ed alcune pessime decisioni arbitrali – prima di capitolare nel finale per la seconda volta, grazie ad un contropiede micidiale di Candreva e Lulic che sanciscono tre punti meritati per la loro formazione.
Nell’arco dei novanta minuti si potrebbe dire un tempo per parte, ma la Lazio ha ben altra consistenza sotto porta, Djordjevic in occasione del primo gol scherza addirittura Gonzalo Rodriguez (e fa capire perché un Miroslav Klose vada in panchina). Per i viola invece due sole occasioni clamorose, ed un altro paio che potevano avere miglior fortuna, anche se invocare la fortuna in queste partite può sembrare eccessivo.
Al 33’ minuto, poco prima che la Lazio faccia saltare il banco, tocca alla Fiorentina sfiorare il colpaccio con un colpo di testa da biliardo di Babacar (generosissima partita la sua, e non fortunatissima) che esce di pochissimi centimetri. Gli Dei dicono Lazio un minuto dopo, e c’è poco da recriminare. Nella ripresa, il forcing viola meriterebbe un premio al 10’, allorché Aquilani da solo rimborsa interamente il prezzo del biglietto con un gesto tecnico che – senza tema di smentita – avevamo visto fare finora soltanto ad Edson Arantes do Nascimento, in arte Pelé. E per giunta in un film, Fuga per la vittoria, e non in un match vero. Il colpo in rovesciata dell’Aquila si stampa sul palo e vale per la Fiorentina la consapevolezza che la salita oggi è insormontabile. Per il numero dieci viola vale invece la consacrazione a fuoriclasse qual è fin dai suoi esordi, secondo solo nel suo genere al concittadino Francesco Totti.
Poi è Babacar a togliere di porta involontariamente un gran tiro di Marcos Alonso. E infine è il sig. Peruzzo a rovesciare cinque-sei decisioni, una delle quali almeno in area di rigore, assegnando il fallo alla Fiorentina e la punizione alla Lazio. Ma come per la fortuna, in partite del genere recriminare contro l’arbitraggio può sembrare eccessivo. In un caso però la decisione del direttore di gara appare francamente sbagliata, oltre che determinante. L’entrata di Radu su Cuadrado è da codice penale, vale il rosso diretto e le conseguenti quattro giornate di squalifica, oltre che i minuti finali in dieci per la squadra di Stefano Pioli. Che invece può tirare un sospirone di sollievo ed esultare alla fine allorché una Lazio esausta e non più capace di far gioco trova però ancora le energie per scattare in contropiede ed andare a beffare avversari che avevano ritrovato il pallino del gioco e nello stesso tempo la consueta inconcludenza dalla tre quarti in su.
Cuadrado contro Lulic
Si può girare quanto si vuole attorno a questo risultato. Difficile però non sottolineare che per ora la scommessa della società di Viale Manfredo Fanti di riproporre la stessa squadra dell’anno scorso con alcuni innesti di valore in panchina non stia pagando. Gomez e Rossi sono già fuori, in largo anticipo sul 2013-14, Babacar e Bernardeschi sono peraltro tra le poche note positive di questa stagione. Ma sono troppi i titolari degli ultimi due anni che non sono all’altezza di se stessi, prima ancora che della Fiorentina. Gonzalo sta giustificando a posteriori le scelte mondiali del selezionatore argentino, Borja Valero continua a mettere in campo più buona volontà che estro, Mati Fernandez non sfonda, Kurtic si sta rapidamente incartando su se stesso, Pizarro sente i suoi anni arrivargli addosso tutti insieme.
Poi c’è Ilicic, titolare quasi fisso di questa Fiorentina post-Corvino. Qualcuno rimpiange l’ex diesse viola pugliese, qualcuno invece si chiede se un acquisto così sbagliato e pagato a caro prezzo ha precedenti nella gestione precedente a quella di Prade’ e Macia. E’ un dibatitto che francamente serve a fare accademia, per ora l’unico soddisfatto dell’affare Ilicic è e non può essere altri che Zamparini. Lo sloveno non ha né il passo né la lucidità di un giocatore di serie A italiana, il confronto con i velocissimi ed estrosi centrocampisti della Lazio è quanto mai impietoso.
Infine, Montella. Facendo la tara alle illazioni che vogliono il mister di Pomigliano d’Arco in procinto di riavvicinarsi a casa, è giusto dire che non lo abbiamo mai visto così fuori sintonia da squadra e società come adesso. Se anche la campagna acquisti o altre scelte societarie non lo hanno soddisfatto, se in qualche modo la spinta propulsiva del progetto dei Della Valle gli è venuta meno – come venne meno a Cesare Prandelli – resta da capire che soluzione rappresenti la sostituzione di Babacar con Ilicic, in una partita già in salita come una tappa del Giro con arrivo sul Mortirolo. O quella di Aquilani con Bernardeschi. Come se far giocare insieme il “vecchio” ed il “giovane”, gli unici che danno del tu al pallone a velocità sufficiente sulla tre quarti viola, fosse stata un’eresia tecnico-tattica.

A pensar male, diceva il compianto senatore Andreotti, si fa peccato ma spesso ci si indovina. Certe scelte di Montella e più ancora certe sue sostituzioni sembrano fatte apposta per mettere in mora la sua società. Vorremmo tanto sbagliarci, a cominciare dalla prossima partita. Anche perché di fronte c’è il Milan, e non è più il caso di scherzare.

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