martedì 31 dicembre 2013

Frozen Il Regno del Ghiaccio, dove giace sepolta la magia Disney

Feste di Natale, tempo di cinema a cartoni animati. L'umanità si riscopre divisa in due categorie: chi ha un bambino e chi è rimasto bambino. Per entrambe, da 90 anni esatti a questa parte (il compleanno aziendale cadeva lo scorso 13 ottobre) il miglior amico si chiama Walt Disney. La fabbrica dei sogni creata dal grande cartoonist americano raramente ha mancato l'appuntamento natalizio per alimentare la fantasia di grandi e piccini con qualche nuovo capolavoro dell'arte fumettistica applicata al cinema.
Anche quest'anno, la Company che per lungo tempo è stata la più importante (oltre che la prima in assoluto) nel settore dell'animazione ha voluto essere presente nel periodo natalizio con una sua produzione. Stavolta la scelta è caduta di nuovo su una delle fiabe classiche della cultura nordica. Da quando esiste la Walt Disney, del resto, i Fratelli Grimm ed Hans Christian Andersen sono stati la principale fonte di ispirazione dei suoi disegnatori, che hanno trasferito sul grande schermo l'immaginario di più generazioni venute su con le favole della buona notte scritte dai maestri del nord Europa.
Frozen Il Regno di Ghiaccio, 53° lungometraggio distribuito dai Walt Disney Animation Studios, è ispirato alla fiaba di Andersen La Regina delle Nevi. La storia della principessa che non riesce a dominare il suo potere di creare e manipolare ghiaccio e neve e che rischia di condannare il suo paese ad una tragica fine sotto il gelo perenne dell'inverno sembra fatta apposta per rispolverare temi ed archetipi cari alla factory di Burbank, California.
La magia che si rivela insieme dono prezioso e dannazione mortale per chi la possiede e per chi la subisce, l'infanzia abbandonata da genitori troppo presto scomparsi (loro malgrado) e che si trova a dover crescere troppo in fretta e a caro prezzo, il bene ed il male che si incarnano negli amici per la pelle incontrati lungo la strada e nei nemici di cui solo alla fine si riesce ad aver ragione e solo quando tutto sembra ormai perduto, le atmosfere da saga nordica arricchite da una grafica immaginifica e di grande effetto e da una colonna sonora che diventa un tutt'uno inscindibile con il disegno animato, tutti gli ingredienti di questa fiaba del gelo che alla fine viene sciolto – come nelle migliori tradizioni da Biancaneve e i Sette Nani in poi – soltanto da uno slancio supremo del cuore ("l'unico organo con cui non si può ragionare", come spiegano i Troll alla Principessa di Ghiaccio) attingono direttamente alla "poetica" disneyana e sembrano riportare ai fasti del periodo aureo, quello antecedente alla scomparsa del fondatore avvenuta nel dicembre 1966, o a quelli della rinascita avvenuta negli anni 90 sotto la direzione del nipote Roy e del manager Eisner.
Insomma, la leggenda continua, verrebbe da dire, malgrado anche Roy Disney ormai sia andato a raggiungere il padre Walt sulla sua nuvoletta nel paradiso degli artisti. Proprio nell'anno in cui questo accadeva, il 2009, la Disney diventata ormai una holding a tutti gli effetti compiva il primo passo della sua nuova politica di realizzazione di un destino imperiale acquistando la Marvel. La Pixar era già sua da cinque anni, e tre anni dopo sarebbe arrivato il colpaccio, con l'acquisizione della LucasFilm. Sull'Impero Disney ormai non tramonta più il sole, malgrado la concorrenza di altre aziende agguerrite come la Dreamworks.
Un futuro roseo, favorito dall'avvento della nuova tecnologia veicolata dai computers. Non resta che mettersi comodi in attesa dell'uscita del prossimo Supereroe, del nuovo capitolo della Saga dei Cavalieri Jedi di Star Wars o dell'ennesimo prodotto della mente fervida degli animatori californiani. Eppure, a ben vedere, come in ogni epopea fantasy che si rispetti, alla fine la magia sta lasciando – probabilmente per sempre – le terre dell'Impero.
Non solo la tecnologia, ma anche la fantasia dei bambini di oggi (piccoli o grandi) è profondamente cambiata. Dai tempi in cui Topolino fece la sua prima comparsa nel 1928 (in quello Steambot Willie i cui fotogrammi sono stati rispolverati di recente nel logo della factory), e anche dai tempi in cui Semola estraeva la Spada nella Roccia, Mowgli cercava di sfuggire alle grinfie di Shere-Khan o Romeo aiutava gli Aristogatti a ritornare a casa loro evitando il malvagio Edgar, ne è passata di acqua sotto ai ponti. E sembrano lontanissimi anche i tempi in cui Simba reclamava il posto del padre sulla Roccia dei Re, o Pocahontas incontrava nel Nuovo Mondo il suo amore venuto dal Vecchio, John Smith.
Da dieci anni ormai i personaggi dei cartoon Disney non escono più dalla matita dei disegnatori ma piuttosto dai programmi di animazione grafica dei computers. Per disegnare Biancaneve e portarla sullo schermo ci vollero tre anni del lavoro di una squadra di circa dieci disegnatori. Per Il regno del Ghiaccio c'è voluto molto meno, un anno scarso ma del lavoro di un esercito di informatici. Il risultato è come sempre un prodotto di fattura eccellente, realizzato alla perfezione nei minimi dettagli. Ma al quale purtroppo ormai manca la cosa principale. Proprio quella che i Troll indicano alla principessa come l'unico rimedio salvifico: il cuore.
I bambini ameranno sicuramente la renna Sven ed il pupazzo di neve Olaf allo stesso modo di come hanno amato i loro predecessori, dal granchio rosso che accompagnava la Sirenetta Ariel, a Timon e Pumba fedeli compagni del leoncino Simba al piccolo drago Muchu inseparabile scudiero di Mulan. Ma difficilmente la storia del paese dei ghiacci resterà nel cuore degli spettatori grandi o piccoli. La Walt Disney sembra seguire il destino di un cinema in cui dominano ormai gli effetti speciali, nel momento in cui forse l'anima ne esce irrimediabilmente.

"Se puoi sognarlo, puoi farlo", era il motto di Walt Disney. I suoi eredi ormai hanno mezzi per fare veramente tutto. Ma i sogni e l'anima del loro predecessore, forse, non li posseggono più.

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