sabato 6 dicembre 2014

La madre di tutte le bruttezze

Secondo la mitologia pagana nordica su cui il Cristianesimo si è innestato al pari di quelle mediterranee, non sono Gesù Bambino né la Befana a portare doni nella notte magica, ma bensì San Nicola, o Saint Nicklaus, Santa Claus, Babbo Natale che dir si voglia. Il Santo cadeva appunto ieri, e la Fiorentina gli aveva chiesto in dono una cosa sola: poter ripetere nel gioco e nel risultato la partita dell’ano scorso contro l’avversario di giornata, la “madre di tutti gli avversari”, la Juventus, anche quest’anno capolista e più che mai avversaria storica di tutto ciò che è viola da queste parti.
Aveva chiesto di ripetere la partita perfetta, la Fiorentina, ma forse – come sanno bene tutti i bambini del mondo – c’è un limite anche alle possibilità (o alla volontà) di Babbo Natale. Intanto bisogna vedere se sei stato bravo e ti sei meritato il dono richiesto. E qui per la Fiorentina casca subito il primo asino. C’è chi dice che rispetto ad un anno fa ci siamo rinforzati per il solo fatto di aver tenuto i migliori e preso rincalzi efficaci, c’è chi dice invece che un anno è passato invano sul progetto di squadra vincente, ma pesantemente sull’efficacia della squadra attuale. Ormai la Fiorentina e le sue armi migliori le conoscono tutti, a cominciare da questa Juventus che ancora ha negli occhi e nelle orecchie il tripudio viola di un anno fa, 20 ottobre 2013, quella che Giuseppe Rossi nel suo libro di memorie appena presentato ha definito l’apoteosi.
Lasciando ai posteri l’ardua sentenza sul mercato viola, sta di fatto che sul prato del Franchi – contornato come di consueto da una di quelle splendide coreografie che solo la Curva Fiesole sa allestire – scendono alle 20, 30 di questo 5 dicembre 2014 una Fiorentina ed una Juventus che oggettivamente sono delle copie pallide, sbiadite di quelle viste all’opera un anno fa. I bianconeri, che il nuovo mister Allegri sta cercando in tutti i modi di mantenere sullo standard elevatissimo lasciatogli in eredità da Antonio Conte, hanno la preoccupazione dello scontro di Champion’s da “dentro o fuori” con l’Atletico Madrid di martedi prossimo, e lasciano in panchina Tevez e Morata.
Chi li ha seguiti inoltre dice che non sono nel loro momento migliore di forma.
I viola di Montella il loro momento migliore lo stanno cercando dall’inizio della stagione, finora lo standard è stato più basso rispetto ad un anno fa e non solo per la mancanza di Pepito, costretto alla fisioterapia ed alla stesura appunto delle memorie. Ma le ultime uscite hanno un po’ rincuorato l’ambiente. Le due rivali storiche si trovano in un momento in cui alla borsa del campionato le azioni viola sono in rialzo, mentre quelle bianconere sono – diciamo così – momentaneamente stazionarie.
Ci sarebbe di che attendersi veramente un nuovo spettacolo. Allegri sente il fiato sul collo della Roma e non fa mistero di voler vincere, anche a ranghi ridotti. Montella, per l’occasione e per la pioggia che si riversa sul Franchi in versione guardia costiera nordamericana, schiera i suoi al meglio, badando a quel “sodo” riscoperto nelle ultime gare di campionato e coppa. 3-5-2, Basanta, Savic e Gonzalo davanti a Neto, Alonso, Borja Valero, Pizarro, Matias Fernandez e Joaquin in mezzo, Cuadrado e Gomez davanti. Fa discutere l’ennesimo accomodamento di Aquilani in panchina, anche se la fiducia accordata all’eroe di Cagliari Mati Fernandez ha una sua ragion d’essere. Dall’altra parte, oltre al capocannoniere, l’apache Tevez, ed a Morata va in panchina Marchisio. Per il resto Juventus as usual, la difesa è schierata al completo e Pirlo è come di consueto in cabina di regia, il solo Llorente lasciato davanti con l’appoggio occasionale della promessa francese Coman.
Ecco, in tutta questa lunga premessa c’è Forentina-Juventus. Mai tante e tali attese furono poi così disattese. O forse sì, altre volte, vien da pensare a quello 0-0 casalingo che forse costò ai viola lo scudetto nel 1982 o a quell’altro che quattro anni fa fu il punto più noioso e anche più basso della sfortunata gestione Mihajlovic. Quello di ieri sera è stato probabilmente ancor più deludente, perché la Fiorentina almeno all’apparenza ha messo in campo tutto il suo attuale “furore agonistico” e la sua capacità di far gioco. Per la Juventus, difficile dire se si è accontentata o se anch’essa non poteva e non sapeva fare di più.
Ne risulta una partita bloccata a centrocampo con rarissimi sprazzi di gioco offensivo, e con molte sportellate. Tipo quelle fatte senza complimenti per tutto il primo tempo da Gomez e Chiellini, sotto gli occhi vigili dell’arbitro bolognese Rizzoli, lo stesso di un anno fa. Il direttore di gara è restio a tirare fuori i cartellini per sanzionare i tanti interventi assai rudi che occorrono nel mezzo del campo, poi dopo aver rotto il ghiaccio con Pizarro (tra le proteste di uno stadio ovviamente poco benevolo verso i colori bianconeri) non ha più remore e alla fine gli ammoniti saranno cinque, tre bianconeri (Chellini, diffidato, Ogbonna e Pogba) e due viola (il Pek e Cuadrado).
Tiri in porta? No, grazie, sembrano dire le due squadre che si annullano in mezzo al campo. Anzi due ce ne sono, come mosche bianche o particelle di sodio in acqua Lete. Uno (il primo in assoluto) di Evra neutralizzato da Neto al 3’ della ripresa e uno di Cuadrado da fuori area più tardi al 20’ respinto in tuffo da Buffon. Poi basta, tanto agonismo fine a se stesso, poco gioco, molti falli. Alcuni cambi tutto sommato ininfluenti: Allegri non resiste a mettere dentro Tevez, nella speranza che gli inventi qualcosa, ma nulla da fare, i tre difensori viola oggi non concedono nulla, ne sa qualcosa Llorente che non ha visto palla.
Dall’altra parte, stessa sorte tocca a Mario Gomez e Cuadrado, ai quali Chiellini e Bonucci concedono veramente poco. Dapprima Montella toglie il tedesco per Babacar, al quale però non tocca miglior sorte. Poi è Cuadrado a farsi male all’anca, il colombiano esce in barella ed al suo posto entra Kurtic (pochi minuti da dimenticare i suoi), infine Aquilani rileva l’esausto Joaquin, anche oggi forse il migliore in campo insieme ai difensori e ad un Neto che si dimostra sempre attento, ormai padrone della sua area di rigore su punizioni e spioventi occasionali. Marchisio per Pirlo e Padoin per Pereyra completano le sostituzioni in casa juventina. Cambiando i fattori non cambia il risultato, noia e stanchezza la fanno da padrone.
Alla fine il fischio finale di Rizzoli arriva come una liberazione. Tanto più che pochi istanti prima Pizarro ha gelato il sangue allo stadio facendosi colpire la mano aperta e distante dal corpo da una pallonata ravvicinata in area di Pogba. L’involontarietà dell’azione è talmente evidente che anche gli stessi juventini hanno il buon senso di non protestare più di tanto. Ma quanti arbitri avrebbero resistito alla tentazione di applicare pedissequamente il regolamento e concedere un rigore che i commentatori spesso definiscono di quelli “che si possono dare”?

Per fortuna della Fiorentina, Nicola Rizzoli di Mirandola, Bologna, dimostra che non si arriva ad arbitrare una finale mondiale per caso, e va a dritto per la sua strada consentendo a questa partita di terminare con il risultato più giusto e più meritato – o immeritato, se si vuole – da ambo le parti. E’ uno 0-0 che muove la classifica, dicevano i vecchi commentatori di una volta. Muove anche tanta nostalgia, anche questa da ambo le parti, sia chiaro. Forse dopo il trittico di partite pirotecniche degli ultimi tre anni Fiorentina-Juventus ci aveva abituato male, a ben altri spettacoli. Ma forse, non è più tempo d’eroi, nemmeno qui al Franchi. Nemmeno tra viola e bianconeri, una volta la madre di tutte le partite.

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