sabato 13 dicembre 2014

Montella Vs. Cuadrado, il caso dell’anno

Non siamo certo agli schiaffi in diretta di Delio Rossi a Llajic, ma al 25’ del primo tempo di Fiorentina-Dinamo Minsk qualcosa dev’essere volato. Qualcosa di grosso, suscettibile nel bene o nel male di creare una frattura in questa stagione. L’episodio, la scossa che cambia il corso di una storia comunque ancora tutta da scrivere.
Una cosa è certa. La conferenza stampa post partita di Vincenzo Montella riserva agli appassionati supporters viola tutte le emozioni che il match appena conclusosi ha negato loro. A far festa è stata la Dinamo, fanalino di coda del girone K di Europa League venuta a passeggiare allo Stadio Franchi al cospetto della Fiorentina B. Una gara per fortuna ininfluente, se non sul morale e sull’immagine di una società e di una squadra che avevano appena ritrovato un po’ di tutto ciò mettendo in fila tre o quattro prestazioni tra campionato e coppa dignitose se non addirittura convincenti.
Appena davanti ai microfoni, il mister di Pomigliano d’Arco è un fiume in piena. Particolarmente rabbioso nel suo scorrere, tra l’altro. A confronto, il leggendario sfogo di Cesare Prandelli qualche anno fa dopo un avvio di campionato sotto tono impallidisce nel ricordo. La sentenza di bocciatura per il calciomercato estivo della società è netto, e impietoso. Dei giocatori arrivati a rinforzo Montella non ne salva uno, negando ulteriori prove d’appello. Ma a ben vedere, si capisce che l’imputato numero uno è colui che proprio in estate era stato accreditato di essere il pezzo più pregato della banda viola, quello per cui i top team di tutta Europa in apparenza si stavano accapigliando per acquisirne il cartellino: Juan Guillermo Cuadrado.
La sostituzione a metà primo tempo aveva destato qualche perplessità. Il colombiano non appariva star male, non aveva accusato risentimenti circa l’infortunio occorsogli durante Fiorentina-Juventus. Non aveva giocato né peggio né meglio di quanto gli succede ultimamente: niente più miracoli ma almeno una spinta costante nel suo settore e qualche prezioso tiro in porta, per una squadra che la porta avversaria da tanto tempo la vede con il telescopio di Arcetri.
Dalle parole di Montella si evince invece che il gioiello colombiano è stato tolto per esasperazione. Indisciplina tattica, scarso rendimento, estraniamento dal gioco di squadra, in sostanza queste sono le accuse rivoltegli dal suo allenatore che a quanto dice, o forse da quanto si capisce ha perso la pazienza dopo ripetuti e inutili tentativi di ricondurre il figliol prodigo nel gregge del suo tiki taka. Spazio quindi al giovane Minelli, e siccome la fortuna non aiuta soltanto gli audaci ma anche chi la invoca sconsideratamente, ecco che il ragazzino n. 43 fa un esordio con i fiocchi e risulta addirittura il migliore in campo, dando al tecnico indirettamente una ragione che altrimenti sarebbe stato difficile attribuirgli.
E così, oltre alla figuraccia in eurovisione (e per fortuna non in chiaro, grazie Mediaset) ci si ritrova un nuovo “caso di stagione”, diverso da quelli che hanno movimentato le annate precedenti e tuttavia uguale, se si vanno a vedere le motivazioni delle parti in causa. Il fatto è che Vincenzo Montella nella sua indignazione di fine 2014 è credibile più o meno come Claudio Scajola quando sosteneva di possedere un attico a Piazza di Spagna a sua insaputa.
Delle due l’una. O il tecnico campano ormai è in rotta con l’ambiente viola e dura fatica a organizzare una squadra che tenga debito conto delle risorse (buone o cattive) messegli a disposizione dalla società che gli paga lo stipendio, oppure è perfettamente in sintonia con questa società e si presta al gioco di far ricadere su Juan Guillermo Cuadrado l’intero peso di quella che potrebbe essere una delle più clamorose cessioni al mercato di gennaio di tutti i tempi, non solo della storia della Fiorentina.
Se Montella è davvero esasperato perché questa squadra non è quella che voleva (Cuadrado e mancati sostituti acquistati con il ricavato della sua cessione compresi), aveva un modo molto semplice per farcelo sapere, e per essere coerente con se stesso: dare corso alle dimissioni minacciate tra la fine di luglio e i primi di agosto, che ormai non sono più un mistero per nessuno. Restare, e pretendere di stare in paradiso a dispetto dei santi (che, ripetiamo, gli corrispondono tra l’altro un lauto stipendio) è esiziale, se non nell’immediato sicuramente a gioco lungo. I conti, che proverbialmente si fanno a fine stagione, potrebbero clamorosamente non tornare anche quest’anno.
Sempre in questa ipotesi, uno degli aspetti meno comprensibili è proprio quello di pretendere di forzare il fuoriclasse colombiano al rispetto di schemi rigidi che notoriamente per chi capisce di calcio non si confanno né a lui né a qualsiasi giocatore degno della qualifica appunto di fuoriclasse. Fatte le debite proporzioni, non ci risulta che – per dirne uno – il tecnico carioca vittorioso ai Mondiali del 1958, Vicente Feola, avesse simili pretese con i suoi vari Pelé o Garrincha. Sempre fatte le debite proporzioni, non crediamo che neppure Rinus Michels avesse analoghe velleità con i suoi campioni della mitica Olanda del 1974. In compenso Arrigo Sacchi per idee astruse del genere riuscì quasi a far fallire la spedizione azzurra a USA 94.
Se tu pretendi di forzare il campione ai tuoi schemi, si chiami esso Cuadrado o Roberto Baggio, significa solo che i tuoi schemi valgono poco e tu non hai capito che cosa hai per le mani. Vincenzo Montella, invece di abusare della pazienza nostra e dei giocatori coltivando arrabbiature come quella esplosa a metà primo tempo l’altra sera, bisognerebbe si ricordasse di quante volte il numero 11 colombiano gli ha tolto le castagne dal fuoco fatuo del suo tiki taka sterile in quanto a gol, proprio grazie a quella che lui stigmatizza come indisciplina tattica. La disciplina si insegna ai Lazzari e ai Badelj, con tutto il rispetto, e perfino ai Borja Valero, che altrimenti girerebbero a vuoto per il campo senza costrutto a spargere più fumo che arrosto. A Cuadrado gli si dice solo “prendi la palla e vai”, come fa Pelé nel film “Fuga per la vittoria”, capolavoro di John Houston. E intorno gli si costruisce la squadra.
Poi c’è l’altra ipotesi, e ognuno giudichi qual è la più verosimile. Acca’ nisciuno è fesso, dicono dalle sue parti. Montella non ha nessuna voglia di rinunciare al suo stipendio anzitempo, prova ne sia che é ancora qui e se i risultati in qualche modo continuano a sostenerlo ci resterà fino a fine stagione. E allora se la società viene a dirti che vuole cedere Cuadrado, ma senza creare malcontento tra i tifosi, ecco che il mister ha la soluzione. Diverbio in pubblico, facile a provocarsi perché Cuadrado oggettivamente non è quello della stagione scorsa, siano stati i mondiali e la preparazione ritardata oppure le delusioni circa le voci estive di mercato. Alla prima occasione si crea il casus belli e da quel momento la nostra Grande Bellezza diventa il reprobo, il figliol prodigo che non vuole tornare, non ci vuole più stare. Il Montolivo della stagione in corso, per capirci meglio e più facilmente.
Altro non c’è che possa spiegare le modalità di impiego di Juan Guillermo Cuadrado da parte di Vincenzo Montella in occasione di Fiorentina-Dinamo Minsk, e la sua sostituzione repentina, incomprensibile, ingiustificabile. Quello che è certo, si diceva all’inizio, è che questo caso rischia di deflagrare in un modo o nell’altro clamorosamente, creando una frattura nella stagione. A parte il fatto che le risorse d’attacco della Fiorentina al momento sono veramente ridotte al lumicino (di sicuro non all’altezza degli obbiettivi nuovamente sbandierati recentemente a voce stentorea da Andrea Della Valle), queste situazioni creano di solito conseguenze difficili da gestire in spogliatoi in cui già non si respira un atmosfera idilliaca, come è appunto quello della Fiorentina.

Si tratta di capire insomma quale potrebbe essere il nuovo anno zero, se quello in corso o il prossimo. Di sicuro, si dovesse procedere ad una nuova rifondazione a seguito di delusione più o meno cocente, stavolta difficilmente potrebbe bastare un piatto di tagliatelle offerto alla stampa sotto il cielo delle Dolomiti.

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