domenica 25 gennaio 2015

ITALIA ANNO ZERO: E adesso, signor Presidente?

3 agosto 2013

La riunione dei parlamentari del PDL termina alla stessa ora in cui il giorno prima è stata letta da Antonio Esposito, presidente della sezione feriale della Corte di Cassazione, la sentenza che condanna definitivamente Silvio Berlusconi a un anno di galera e lo rinvia alla Corte d’Appello per l’interdizione dai pubblici uffici. E’ l’ora in cui cominciano i telegiornali su tutte le reti televisive, il momento migliore per annunciare la strategia di risposta del centrodestra. Dimissioni di tutti i parlamentari PDL consegnate nelle mani di Berlusconi, a sua disposizione. Richiesta della grazia da parte del Capo dello Stato, in caso contrario, fine della legislatura e nuove elezioni.
In sintesi, terminata l’epoca delle udienze, delle tattiche processuali e dei rinvii, il centrodestra si trova a dover prendere in fretta una decisione da cui dipende il suo futuro, la sua stessa esistenza in vita. Lo può fare, perché il suo leader anche se condannato ha ancora tutte le carte migliori in mano. A differenza del centrosinistra, la cui sopravvivenza è altrettanto e più in discussione, ma che non ha una strategia unitaria, anzi non ha proprio una strategia ed è caduto subito nella trappola tesagli da un Berlusconi tutt’altro che messo in crisi dalla sconfitta giudiziaria.
Così, Schifani e Brunetta, cioè i capigruppo PDL di Camera e Senato, dichiarano di avere l’intenzione di salire il Colle per chiedere a Napolitano la grazia, e “il ristabilimento di condizioni democratiche” minate dai giudici. Il Presidente della Repubblica, nel frattempo, avrebbe già fatto sapere in via ufficiosa (e improvvida) di non ritenere esistenti i presupposti giuridici per la concessione di tale grazia. Berlusconi nello stesso momento chiarisce di non aver ancora preso una decisione definitiva e irrevocabile, ma la tentazione è quella di resistere, di far sì che il governo delle larghe intese cada e che si bandiscano presto nuove elezioni (per le quali non sarebbe interdetto, non ancora), con prospettiva di vincerle almeno a stare ai sondaggi.
Quello che Berlusconi non dice, è di avere l’intima convinzione che ancora una volta per arrivare ai suoi obbiettivi non dovrà fare nulla di particolare, meno che mai forzare la mano. Sarà il centrosinistra a dargli come sempre una mano, accelerando il processo di martirizzazione della sua persona e togliendo gli ultimi puntelli alla situazione attuale, gettandosi a capofitto verso nuove, rovinose per lui consultazioni elettorali.
Mentre Letta tace più preoccupato di quello che vuol dare a vedere e Napolitano lascia che filtrino segnali poco rassicuranti, tocca al nuovo ed al vecchio segretario dei democratici gettare benzina sul fuoco che già divampa. Epifani chiede a gran voce che il Senato deliberi al più presto l’estromissione del condannato Berlusconi. Bersani chiede addirittura al PDL di separare il proprio destino da quello del suo leader fondatore (non sapendo o fingendo di non sapere che se c’è qualcosa che può ricompattare il centrodestra come una falange è la messa in discussione della figura di Silvio Berlusconi). Nessuno dei due sa dire quali voti andrebbero a sostenere il governo Letta venuta meno la fiducia del centrodestra, ma molti – come la pasionaria Rosy Bindi – rincarano anzi la dose.
Anche Grillo rincara la dose, ma ormai la sua strategia è "tanto peggio, tanto meglio", e poco altro. Sa benissimo che in questo marasma politico-istituzionale la Costituzione non corre rischi, figuriamoci la riforma della giustizia. Sa piuttosto, o spera, di poter essere uno dei beneficiari di nuove elezioni. Che poi stia ereditando sempre di più la strategia omissiva ed esclusivamente antiberlusconiana del Partito Democratico è altra questione, finché nessuno gli presenterà il conto (e può farlo solo l’elettorato) per lui va bene così.
Tace Renzi, un altro dalla strategia omissiva, che però se la sta vedendo assai complicare da questi sviluppi giudiziari. Chi non tace, e magari sarebbe l’ora che lo facesse recuperando un po’ di quell’aplomb anglosassone che viene meno regolarmente quando si occupa di cose italiane, è il Financial Times, che titola senza mezzi termini “E’ calato il sipario sul buffone di Roma”.

Si aspettano dunque le decisioni del Colle. Napolitano sapeva a cosa andava incontro accettando un secondo mandato. Chi ha voluto la bicicletta, è giusto che pedali. E il momento è venuto.

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