mercoledì 4 febbraio 2015

Roma è viola

Se vi eravate divertiti ad assistere a Fiorentina – Roma al Franchi valevole per la prima giornata del girone di ritorno del campionato, ecco che si replica all’Olimpico per i quarti di finale di Coppa Italia. Sono passati dieci giorni, le rispettive motivazioni sono le stesse, anzi semmai qualcuna in più. La Roma insegue la stella d’argento, che le spetterebbe se vincesse la Coppa per la decima volta. La Fiorentina insegue la prima vittoria contro i giallorossi nella gestione Montella, dopo sette tentativi andati a male.
Sono le squadre piuttosto ad essere cambiate. Questi dieci giorni hanno lasciato il segno. Come si vede fin da subito, i padroni di casa avrebbero un gran bisogno di rifiatare e di recuperare infortunati e prestati alle Nazionali. Rispetto a quella che Garcia vorrebbe considerare la sua formazione tipo, mancano almeno cinque o sei titolari. Ecco che il tecnico capitolino dà a quelli che scendono in campo delle consegne ben precise: la Coppa ci interessa, sì, ma a condizione di non sprecare energie preziose. La Roma quindi gioca con il freno a mano tirato e l’intenzione di badare all’essenziale, confidando sul consueto possesso palla finalizzato in avanti dai colpi di genio di Totti e Llajic.
Anche la Fiorentina non è più la stessa, e non solo perché ha sostituito Juan Cuadrado con 31 milioni di euro, che però non possono scendere in campo. Paradossalmente la squadra viola rispetto alla precedente sfida contro i giallorossi appare meno brillante ma alla lunga più essenziale ed efficace. Lo stesso Montella, desideroso evidentemente di brillare finalmente al cospetto della squadra che l’ha reso famoso come giocatore e ha dato il via alla sua carriera di allenatore, sembra inoltre come liberato dalla fine della sessione di mercato da tutti i fantasmi che hanno condizionato nel bene e nel male le sue scelte finora, e mette in campo una squadra che bada al sodo, con gli uomini giusti al posto giusto, o quasi, e che lascia a casa fronzoli e leziosità badando ad esaltare i propri punti di forza, a fronte dei punti di debolezza di un avversario che in pratica regge soltanto un tempo.
Nel primo tempo le squadre giocano a specchio. Possesso palla e tentativi di accelerazione improvvisa in profondità, vanificati da ambo le parti dalla scarsa vena dei trequartisti e dalla voglia di “primo non prenderle”. Se la Roma confida troppo su un Totti che stasera mostra i suoi anni più del solito (e un nervosismo accentuato, che lo porta in un paio di casi a gesti che da un monumento del calcio come lui non ci aspetteremmo), nella Fiorentina viene meno clamorosamente quel Borja Valero che nelle ultime gare era ritornato quel valore aggiunto di centrocampo delle prime due stagioni e che invece stasera sembra quasi giocare per conto suo, cercando a volte finezze che sono fuori sintonia con i compagni, più attenti a giocate essenziali soprattutto sulle fasce, là dove a gioco lungo la Roma appare più sofferente.
Pasqual e Joaquin sulle linee esterne, Diamanti un pò dovunque sull’asse di centrocampo cercano di far uscire la retroguardia romanista aggirandola, e soprattutto subiscono una quantità di falli sui quali spesso l’arbitro Damato sorvola benevolmente. Davanti, Mario Gomez sembra continuare la sua consueta battaglia contro se stesso e contro i guardalinee, arrivando sui rari assist dei compagni o troppo presto o troppo tardi.
Sembra una partita di quelle che non si sbloccano. Nella Roma viene lentamente meno il supporto onnipresente di Nainggolan e la squadra lentamente arretra, centimetro dopo centimetro. La Fiorentina capisce ad avvio di ripresa che gli avversari non sono quelli di sempre. Stasera si può fare, a condizione di essere un po’ più precisi nei passaggi e un po’ più veloci nelle ripartenze. Pizarro e perfino Badelj registrano un po’ meglio l’azione del centrocampo, e perfino Savic  sale in cattedra nell’impostazione del gioco. Il serbo è spettacolare sia come centro della difesa che come regista arretrato, non butta via un pallone e gioca forse la sua miglior partita da quando è a Firenze. La sua prestazione è superba, e ha un sottile retrogusto di preoccupazione per gli appassionati viola: che possa essere lui la prossima plusvalenza del ragionier Cognigni & soci, il prossimo Cuadrado?
Chi vivrà vedrà. Stasera Stevan Savic consente alla sua squadra di dormire sogni tranquilli dietro, la Roma non tira quasi mai nello specchio della porta viola, e quando si rende comunque pericolosa ecco che la Fiorentina scopre di aver trovato un signor portiere in Ciprian Tatarusanu. Il romeno è impeccabile sia tra i pali che nelle uscite, non sbaglia niente e conquista definitivamente un futuro da titolare in questa squadra, oltre al cuore dei tifosi.
Con queste basi a proteggere le spalle, la Fiorentina può prendere progressivamente coraggio e provare affondi sempre più convinti. Finché al 65’, quando si sta ormai spegnendo la capacità polmonare di un Diamanti che ha cantato, portato la croce e preso botte da par suo, raccoglie i frutti di una lunga attesa, che va ben più indietro dell’ora di gioco già trascorsa di questa partita. E’ Badelj a lanciare splendidamente sulla sinistra un Pasqual in formato Nazionale che si esibisce nel suo repertorio migliore, il cross radente dalla linea di fondo.
A perfezionare questo gioiello manca solo lui, Supermario. I tifosi viola l’hanno atteso per un anno e mezzo, pazientando anche quando gli sfracelli che aveva fatto nella Bundesliga sembravano ormai un ricordo lontano, sbiadito. Ma qualcosa sta succedendo, Supermario sta tornando. Sul cross di Pasqual si avventa finalmente con la rapidità e la puntualità del cobra, la sua deviazione è – come già dieci giorni fa a Firenze – da grande centravanti. Il settore ospiti dell’Olimpico può esplodere di gioia.
La Fiorentina può sognare di farcela, mancano ancora 25 minuti, troppi se si pensa a quante volte ha illuso i suoi tifosi subendo il ritorno della Roma. Ma stasera la squadra di Garcia non ha più da spendere, il suo capitano ha finito la benzina e va sostituito, la panchina è più corta del solito, il nuovo entrato Pianic non fa miracoli, né li fa Llajic. Ibarbo viene buttato nella mischia, ma ha l’effetto di un toro che carica a testa bassa. Contro il muro viola stasera con queste armi non si passa.
Montella tira fuori un esausto Diamanti per Ilicic, che si mangia clamorosamente il gol del raddoppio dalla stessa posizione del primo di Mario Gomez. Lo sloveno a parte questo fa poco o nulla per non far rimpiangere le offerte del Torino. Poi richiama un Borja Valero che stasera non è proprio sulle frequenze giuste per Mati Fernandez, che conferma invece la sua ottima vena partecipando attivamente al “Torello” con cui i viola irretiscono incredibilmente nei minuti finali i giallorossi sul loro campo.
Sembra fatta, ma a scanso di equivoci al 90’ Pasqual compie un altro dei suoi tanti affondi e mette in mezzo l’ennesimo assist invitante per Mario Gomez, che stavolta ha il tempo di girarsi, aggiustarsi la palla e fulminare per la seconda volta il basito Skorupski. Finisce con l’apoteosi viola sul prato dell’Olimpico, un qualcosa che, almeno sulla sponda giallorossa, non si registrava in casa viola da tempo immemorabile, fatte salve una vittoria della Primavera nella Coppa Italia di categoria quattro anni fa e un terno al lotto acchiappato dalla peggiore Fiorentina dell’era Della Valle nell’anno di Delio Rossi.
Prossima fermata Juventus Stadium, gioco che si fa ancora più duro. Ma anche questa partita sembrava segnata. A crederci e a giocarsela come Dio comanda, caro Montella e cari ragazzi, a volte può succedere anche di far festa. E che festa.

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