giovedì 5 marzo 2015

8 settembre a Vaglia

Ci siamo sempre chiesti, noi nati dopo la seconda guerra mondiale, cosa possa essere stato l’8 settembre. E prima ancora Caporetto. Lo Stato, le Autorità, le Istituzioni che vengono meno tutte insieme, crollando improvvisamente come certe palazzine e certe strade di Napoli, sparendo di colpo. Lasciando la gente comune abbandonata a se stessa, precipitata di colpo in una nuova Età della Pietra.
In giornate come questa di oggi, una idea ce la possiamo fare. Da giorni gli allerta meteo avevano avvisato che questa notte la Toscana si sarebbe trasformata nella Venezia Giulia, Firenze e gli altri capoluoghi avrebbero emulato Trieste, la Bora avrebbe soffiato da queste parti a livelli record.
Ma gli allerta meteo ultimamente sono diventati come Cassandra, la celebre figlia di Priamo capostipite nella produzione di tutti gli appelli inascoltati. E comunque ci sono calamità naturali che non possono essere prevenute più di tanto. Solo, semmai, limitate negli effetti da una accorta manutenzione del territorio. Quella che i nostri padri e i nostri nonni facevano senza che nessuna legge glielo imponesse, se non quella non scritta ed ancestrale del buon senso. E che adesso noi non facciamo più, malgrado siamo pieni di leggi che promuovono la difesa del suolo ed il governo del territorio.
Gli alberi non li tiene da conto più nessuno, da quando i vecchi contadini hanno abbandonato questo mondo ed i nuovi si limitano all’agricoltura biologica che si tiene alla larga da fiumi e boschi, perché non redditizi. Gli Enti Pubblici che hanno preso il loro posto e le loro responsabilità (ma non la loro coscienza) sanno soltanto ripetere ormai il mantra da fine del mondo “non ci sono più soldi”.
Chiome sempre più folte e pesanti e radici sempre più deboli circondano le nostre case e le nostre strade. E quando il vento soffia inarrestabile e violento dal lontano nord, scopriamo di essere ormai il paese più disadatto a far fronte alle intemperie. C’è da chiedersi cosa dovrebbe succedere in Russia quando spira il Burian, o in Canada quando arrivano i venti del Circolo Polare Artico. A Trieste quando soffia la Bora hanno imparato ad ancorarsi al suolo e ad organizzarsi.
In Toscana ormai qualunque evento meteorologico è eccezionale, dalla neve che fece conoscere al mondo Matteo Renzi alle alluvioni che hanno dato la misura dell’Amministrazione Rossi. Mancava il vento, mancava questa nuova Caporetto. In altra parte del giornale diamo conto dei disastri accaduti sul territorio regionale, mentre già Rossi chiede a Renzi la dichiarazione di stato di emergenza e lo stanziamento di fondi che avrebbero dovuto essere spesi prima, e meglio.
Qui si racconta quello che è successo nel microcosmo del Comune di Vaglia, ormai ridotto ad un Far West sia da un punto di vista amministrativo che della sicurezza, come abbiamo già in passato segnalato. Qui, in questo angolo sperduto di Toscana (a due passi dal capoluogo regionale) ogni problema rischia di diventare una catastrofe, ogni disgrazia una tragedia.
Usciamo di casa alle sette di mattina per andare al lavoro, dopo una notte da tregenda passata a pregare che il tetto di casa regga e soprattutto che reggano gli alberi di alto fusto che lo circondano.
E’ andata bene, ma non del tutto. Ai lati dell’uscio di casa piante con molti decenni sulle spalle e poca manutenzione sono arrivate al capolinea, crollando sui pali della luce e spezzandoli, oppure distendendosi sui cavi dell’alta tensione e restando sospesi in aria in equilibrio precario come panni di bucato appesi ad un filo che si spera robusto.
Un po’ per dovere civico, un po’ per preoccupazione, cominciamo la trafila delle telefonate ai numeri di emergenza. Anche perché di allontanarsi da casa neanche se ne parla. La strada è bloccata, non passerebbe una bicicletta, figurarsi un’ambulanza. Sono le 7,30, lo Stato non c’è più. Magari stavolta non è fuggito a Brindisi ma è a leccarsi le ferite dei tagli alla spesa pubblica. Questi sono comunque gli esiti delle nostre chiamate nelle tre ore successive.
112: non risponde mai, il segnale è sempre libero, ma nessuno alza la cornetta. Per tre ore dell’Arma dei Carabinieri che ha appena festeggiato i suoi gloriosi 200 anni di vita non ce n‘è più traccia. Chiamare direttamente la Stazione di zona non ha miglior sorte. Da anni ormai funziona come un ufficio postale, dalle 8,00 alle 16,00 e poi ciccia. Stamani la Benemerita non ha risposto, ben dopo le 8,00.
115: non solo non risponde mai, ma non dà mai neanche il segnale libero, bensì quel tono di occupato che sa tanto di telefono staccato.
113: risponde dopo tre ore, invitando a comporre gli altri due numeri. Facciamo presente la situazione, allora l’operatore prende la segnalazione obtorto collo sottolineando comunque che probabilmente in giornata non verrà nessuno, e che forse è il caso che interessiamo direttamente l’ENEL.
ENEL numero verde: tipico risponditore automatico ad albero. Dopo un excursus alla Jumanji riusciamo a parlare con un operatore che dapprima se ne chiama fuori in quanto “di area amministrativa”, poi ci indirizza verso un servizio guasti anch’esso ad albero. Si riparte, dopo un’altra partita con il telefono parliamo con un essere umano che prende la segnalazione. “Non promette niente”, invitandoci ad insistere anche con 115 e Comune di Vaglia.
Comune di Vaglia: il Sindaco, incontrato per strada, dichiara che nelle proprietà private non può intervenire. Dalle proprie reminiscenze di protezione civile, a chi scrive risulta diversamente, quando c’è un rischio di pubblica incolumità il Sindaco è ufficiale appunto di protezione civile, ed entra dove ritiene opportuno. Ma tant’é. Gli uffici comunali in compenso sono fantasmagorici, rispondono dopo le otto e fino alle dodici, non sanno darci altro che il numero della Polizia Municipale (peccato che si rivelerà quella del Comune di Firenze) e quello della Protezione Civile provinciale (peccato che non risponda).
Al tramonto, di tutto questo universo mondo che una volta era preposto alla pubblica sicurezza e alla protezione civile non si è fatto vivo nessuno. Quei pochi rami dove non si correva il rischio di rimanere fulminati ce li siamo tagliati da soli.

Siamo esausti, e anche un po’ più edotti su alcuni grandi avvenimenti del passato. Sì, adesso un’idea di cosa è stato l’8 settembre ce l’abbiamo, molto più vivida di quella acquisita sui libri. Quanto a Caporetto, ci viene il dubbio che in Italia sia più che altro una condizione dell’essere, piuttosto che il luogo di un famoso evento storico di cui non è necessario aspettare il centenario per celebrarne la ricorrenza.

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