giovedì 12 marzo 2015

Il giorno del plebiscito



L'11 e il 12 marzo 1860 si ebbero in Toscana e in Emilia Romagna i plebisciti. La scelta proposta agli elettori era: "Annessione alla monarchia costituzionale del re Vittorio Emanuele II, ovvero regno separato?". In ambedue le regioni la stragrande maggioranza degli elettori si pronunciò per l'annessione. In Toscana, su 534.000 aventi diritti al voto, si ebbero 386.445 votanti, dei quali 366.571 si dichiararono favorevoli all'annessione alla Monarchia Costituzionale di Vittorio Emanuele II, e solo 14.925 optarono per il Regno separato.
Canapone, l’ultimo Granduca di Toscana Leopoldo II di Lorena così soprannominato per il colore biondo sbiadito dei capelli, aveva lasciato Palazzo Pitti avviandosi verso la Via Bolognese e l’esilio da quasi un anno. Gli eserciti di Napoleone III e di Vittorio Emanuele di Savoia avevano appena varcato il Ticino per l’attacco al Lombardo-Veneto austriaco che il popolo di Firenze era insorto, rifiutando di continuare a prestare obbedienza anche a colui che era pur sempre stato il più benvoluto dei sovrani.
Il richiamo della patria italiana e del mito risorgimentale era così forte che fiorentini e toscani tutti non seppero resistere. Dopo essersi tolti il cappello al passaggio della carrozza granducale al grido di “addio babbo Leopoldo!”, nominarono subito un governo provvisorio che nei mesi successivi organizzò la partecipazione dei volontari regionali alla guerra d’indipendenza e poi l’annessione all’Italia, sancita dal plebiscito popolare, o almeno di quella parte di popolo che allora aveva il diritto di elettorato attivo (cittadini di sesso maschile di età superiore ai 25 anni che possedessero il requisito dell'alfabetismo e pagassero un'imposta diretta complessiva di almeno 40 lire).
Mentre Garibaldi si preparava a partire da Quarto con i suoi Mille, il governo della Toscana adottava già il tricolore che avrebbe sostituito lo stemma granducale degli Asburgo-Lorena, caratterizzato dal bianco e rosso della bandiera austriaca. Già nel 1848 i patrioti toscani avevano versato sangue a Curtatone e Montanara sotto le insegne del vessillo della nazione italiana adottato sul modello francese fin dai tempi della repubblica Cisalpina di Napoleone I, il 7 gennaio 1797. Ma vi avevano allora mantenuto al centro della banda bianca lo stemma dei Lorena.
Canapone aveva però ripagato questa tutto sommato importante manifestazione d’affetto uniformandosi alla restaurazione austriaca con la revoca dello Statuto liberale e la persecuzione (blanda) dei patrioti. Gli ultimi anni dei Lorena in Toscana erano stati grigi, per nulla in linea con il secolo glorioso che li aveva preceduti, e avevano finito per favorire lo scoppio di entusiasmo patriottico dell’aprile 1859. Il vecchio Granduca che si avviava verso le terre superstiti della sua famiglia imperiale era stato salutato con benevolenza, ma nessuno aveva mosso un dito per trattenerlo.
Vittorio Emanuele II riceve i risultati del plebiscito della Toscana
La bandiera dei tre colori ebbe quindi al centro – per la Toscana come per il resto dell’Italia redenta – lo stemma sabaudo, e nessuno da queste parti ne fu geloso. Molti invece erano stati orgogliosi del decreto del governo provvisorio che il 30 aprile 1859, soltanto tre giorni dopo l’addio di Canapone, aveva in faccia al mondo reclamato il primato morale e civile dei toscani dichiarando di nuovo abolita in tutto il territorio dell’ex Granducato la pena di morte, senza eccezioni, come ai tempi di Pietro Leopoldo, il figlio di Francesco primo Granduca di Lorena in Toscana e dell’Imperatrice Maria Teresa d’Austria, che prima e meglio di tutti aveva incarnato in Europa la figura del sovrano illuminato.
«Oggi, giorno diciotto del mese di febbraio dell’anno mille ottocento sessant’uno, regnando Vittorio Emanuele II, si apre in Torino il Parlamento Italiano», fu il primo atto di una Camera dei deputati riunita a Palazzo Carignano nella ex capitale sabauda, che un mese dopo il 17 marzo avrebbe proclamato il Regno d’Italia. C’erano anche i delegati toscani quel giorno in quell’aula.
Proprio a Firenze Torino avrebbe dovuto cedere il prestigio di essere capitale del Regno, di lì a poco. Ma questa è un’altra storia, per i prossimi giorni.

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