lunedì 2 marzo 2015

Leggenda Viola

Le iperboli sono finite. Del resto, insignire i leoni di White Hart Lane dell’ulteriore titolo onorifico di Eroi di San Siro, può sembrare ridondante, e nello stesso tempo riduttivo. Eppure è così. Siamo appena all’inizio del mese di ferro della Fiorentina, eppure i suoi ragazzi hanno già messo a segno nel giro di pochissimi giorni due imprese di quelle che restano a lungo nella memoria.
Se la vittoria contro il Tottenham di giovedi scorso, con relativa qualificazione agli ottavi di Europa League, entra di diritto nella storia del club, questa vittoria a Milano entra di diritto nella sua leggenda, e nella leggenda di questo sport in generale.. Ha poco senso andare a spulciare archivi ed annali, sicuramente da un punto di vista quantitativo ci saranno state imprese del genere dal dopoguerra ad oggi, ma altrettanto sicuramente nessuna di questo valore e di questa portata.
Andare a vincere allo Stadio Meazza di San Siro contro l’Inter ridotti addirittura in nove è un qualcosa che non aveva fatto mai nessuno. E’ stata una partita d’altri tempi, quegli eroici in cui le squadre non potevano sostituire gli infortunati, gli zoppi venivano messi all’ala, i feriti alla testa venivano bendati e rispediti in campo, se appena si reggevano in piedi. Da quando esiste il calcio moderno cose del genere non si erano più viste. Soprattutto a questi livelli e con queste poste in palio.
La Fiorentina torna dalla San Siro nerazzurra con tre punti pesantissimi, e un’aura leggendaria per la quale purtroppo non esiste riconoscimento a livello di trofei e gagliardetti da esporre, ma che ne ha già avuti molti e ne avrà ancora di più da parte di addetti ai lavori e tifosi, consapevoli tutti di quello che i ragazzi di Montella hanno combinato sul prato del Meazza. Pagherà probabilmente un prezzo molto alto, perché la lista degli infortunati si è allungata e la semifinale di andata della Coppa Italia allo Juventus Stadium incombe. Ma è pur vero che quando si vola sulle ali della gloria, si cammina a tre metri sopra il cielo grazie al morale alle stelle che una simile vittoria può provocare, i cerotti – per quanto numerosi – sono dettagli.
La serata milanese della Fiorentina ha una regia che riprende alcuni temi epici già sviluppati nella precedente uscita contro gli inglesi in Europa League, ma li sviluppa fino alle estreme conseguenze. Viene da credere che ieri sera la Fiorentina giocasse con il destino – finalmente benevolo – dietro le spalle. Capace di trasformare in un punto di forza qualsiasi avversità.
E così, una partita cominciata come una semplice buona, anzi ottima prestazione in casa di una blasonatissima diretta concorrente e per di più in quella che viene giustamente considerata da sempre la Scala del Calcio, ha finito per diventare un match da leggenda. San Siro come Highbury Park, se ne parlerà a lungo, a prescindere da come finirà questa stagione durissima ma sempre più affascinante per la squadra e per la società viola.
Nel primo tempo la Fiorentina fa per lunghi tratti un buon possesso palla al cospetto di un Inter che viene da tre vittorie consecutive e sembra essere in procinto di riprendere il posto che le compete in alta classifica. La Fiorentina colleziona almeno tre occasioni da rete importanti, con Diamanti, Babacar e Kurtic, contro una di Guarin. Si trattasse di boxe, sarebbe una vittoria ai punti. Tanta roba, se si considera che la Fiorentina non vince in questo stadio e contro questo avversario dal maggio del 2000. Giocava ancora Gabriel Batistuta, fu un 4-0 rotondo che addolcì l’addio dell’argentino alla maglia viola di lì a poco. Nessuno immaginava che per gioire di nuovo da queste parti sarebbero trascorsi quindici anni.
Nessuno lo immaginava ancora nell’intervallo, che questa attesa stava per finire. Ma Montella non era soddisfatto, o forse l’ennesimo risentimento muscolare accusato da Babacar l’ha costretto ad osare più di quanto avrebbe fatto in quel momento. Alla ripresa del gioco al posto del senegalese si presenta colui che sta diventando il beniamino assoluto dei tifosi viola, a suon di gol decisivi e pesantissimi. Mohamed Salah aggredisce la difesa nerazzurra come aveva fatto con quella del Tottenham, costringendo compagni ed avversari a suonare improvvisamente una musica del tutto diversa.
Quando parte in contropiede con lui la Fiorentina fa paura. E se i compagni non sempre sono in grado di seguire i suoi scatti fulminanti, vuoi per stanchezza o per scelta tattica (l’Inter in genere fa molto male a chi si scopre davanti ai suoi attaccanti), allora il Messi delle Piramidi fa da sé. Sul cross dalla tre quarti di Pasqual, sul quale Handanovic si fa trovare a mezza strada e non trattiene, si avventa lui e segna di potenza e precisione. Gran gol, meritato fino a quel momento da una squadra che ha giocato bene, probabilmente meglio dell’avversario.
Ma quante volte la Fiorentina ha giocato bene tornando però via da questo o altri stadi con zero punti in tasca? Anche l’anno scorso era partita alla grande, il rigore di Rossi aveva illuso e poi l’Inter aveva rimontato. Al gol di Salah tutti guardano l’orologio: mancano 35 minuti più recupero. Un’eternità, neanche da pensarci.
Adesso l’Inter deve scuotersi per forza, non può più stare a guardare la Fiorentina che palleggia da par suo e manca addirittura il raddoppio, sempre con Salah, per un soffio. Mancini mette in campo Shaqiri, che sta all’attacco nerazzurro come Salah a quello viola, e i padroni di casa cominciano a premere, avventandosi su avversari e partita con una foga rabbiosa che a volte pare addirittura eccessiva. L’unico a non accorgersene è l’arbitro Davide Massa di Imperia, i viola invece se ne accorgono eccome, e qualcuno comincia ad accusare i colpi.
Alla mezz’ora della ripresa, quando Joaquin rileva un esausto Diamanti, la regia del match decide di virarne la temperie da”bello” a “leggendario”. Icardi sbaglia praticamente un rigore in movimento, Kurtic ciabatta fuori da par suo uno spettacolare contropiede dei viola. Pochi minuti dopo tocca ad altri ciabattare. Dapprima l’arbitro non vede Palacio che quasi decapita Tomovic. La ginocchiata dell’argentino al serbo mentre questi sta cadendo a terra ricorda molto quella di Martina ad Antognoni in quel 22 novembre del 1981 che nessuno può scordare.
Anche i secondi che Nenad trascorre immobile al suolo mentre i sanitari della Fiorentina cercano di rianimarlo ricordano quel precedente, ma incredibilmente l’unico a non accorgersene è proprio il mister viola Montella, che ha preparato il cambio tra Vargas e Aquilani (botta alla caviglia, con l’aggiunta della beffa dell’unica ammonizione del match, complimenti al sig. Massa di Imperia) e che non si accorge della necessità di sospenderlo, data la gravità di quanto sta accadendo al suo terzino destro.
Mentre Vargas dà il cinque ad Aquilani, in un clima surreale la barella entra in campo per portar via lo stordito Tomovic (si saprà dopo che non avrà conseguenze di rilievo, per fortuna). I suoi compagni guardano stralunati l’allenatore, che si è appena reso conto dell’errore marchiano e chiede loro scusa, ma ormai la frittata è fatta. La Fiorentina dovrà giocare in dieci gli ultimi nove minuti più recupero.
Non basta. Tre minuti dopo si accascia Savic, l’eroe di tante battaglie. Altra contrattura (bisognerà parlare prima o poi di tutti questi risentimenti muscolari e dell’adeguatezza o meno della preparazione atletica di questa squadra). Idealmente, non c’è tifoso della Fiorentina che non si metta le mani nei capelli. Inventare una difesa che porti in fondo i sei minuti mancanti più i sei che vengono annunciati di recupero (per non parlare di presentarsi giovedi prossimo allo Juventus Stadium) è praticamente impossibile.
Eppure è a questo punto che i nove viola superstiti si meritano tutti gli appellativi ed i superlativi possibili ed immaginabili. Dodici minuti, il tempo passa come le gocce di umidità che formano le stalattiti nelle grotte. Palacio, che dovrebbe essere da tempo a fare la doccia per il rosso diretto che gli sarebbe spettato grazie all’aggressione a Tomovic, cerca per due volte di far male alla Fiorentina, per l’ennesima volta. Per due volte, Norberto Murara Neto dimostra – se ce n’era bisogno – che dei nove eroi viola superstiti lui è il condottiero. E che se proprio non si vuole far nulla per trattenerlo in viola, forse sarebbe il caso di intitolargli almeno qualcosa dalle parti dello Stadio Franchi.
La smanacciata con cui vola a togliere il colpo di testa di Rodrigo Palacio da sotto la traversa è uno schiaffo in faccia a lui, all’Inter e a tutta Milano. Lo schiaffo decisivo. Pochi secondi dopo, Massa fischia la fine delle ostilità e consegna il referto di questa partita alla leggenda. Come già tre giorni prima, sul prato restano solo i ragazzi in viola (in bianco per l’occasione) a festeggiare sotto la curva dei propri tifosi.
Poco dopo, in sala stampa Vincenzo Montella dimostra di essere un gran signore oltre che un ragazzo che probabilmente imparerà dai propri sbagli ammettendo senza mezzi termini che i suoi giocatori hanno compiuto un’impresa eroica anche malgrado il suo errore. Ma l’impresa è tale che non è il caso di gettargli la croce addosso più di tanto. Il gruppo che ha creato – o ricreato – risponde alla grande a qualsiasi sollecitazione, giusta o sbagliata che sia. Perfino Ilicic appare un giocatore rinato, e questo vorrà dire qualcosa.

Sotto a chi tocca. Qualcuno a Firenze si preoccupa per i sorteggi sfavorevoli e la durezza degli avversari nei prossimi confronti di Coppa, Italia e League. Senza voler apparire presuntuosi, crediamo che ci sia qualcuno che si stia preoccupando adesso anche a Torino e Roma.

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