martedì 31 marzo 2015

VIOLA NELLA TESTA E NEL CUORE: Gli occhi della tigre



Poche volte una pausa di campionato per la Nazionale è stata necessaria alla Fiorentina come questa, per recuperare infortunati ed affaticati. Poche volte è stata così fastidiosa, ad allungare per giocatori e tifosi l’attesa dei prossimi decisivi impegni.
Sabato finalmente il pallone torna a rimbalzare sull’erba del Franchi. Ancora tre giorni in cui ci si gioca tutto. Per prolungare sogni come non se ne facevano più da un passato ormai lontano o vederli spegnersi come altre volte nel passato recente.
Sabato arriva la Sampdoria, ed è un primo scontro da dentro o fuori. Sono tanti i motivi per cui questa è una partita fondamentale, quasi una sfida all’OK Corral. La Samp è avanti alla Fiorentina, la differenza matematica la fanno quei tre punti lasciati a Marassi il giorno che Gonzalo Rodriguez sbagliò l’unico rigore della sua carriera in viola, e tutta la squadra sbagliò partita affrontando con le gambe molli e la testa rilassata, troppo rilassata la squadra messa in campo dall’ultima delle tigri di Arkan.
Già, perché l’altro motivo che ne fa una sfida sentita è lui, Sinisa Mihajlovic, l’uomo che fu preso per non far rimpiangere Cesare Prandelli e che invece si trovò a gestire uno dei periodi più deprimenti dell’intera storia viola. Incolore dapprima, sportivamente tragico alla fine, con quella panchina lasciata ad un Delio Rossi capace di farsi ricordare soltanto per degli schiaffi ad Adem Llajic che il serbo avrebbe dovuto prendere molto prima e nelle sedi opportune.
A Sinisa, che quegli schiaffi avrebbe potuto, saputo e voluto tirarli al suo connazionale sia dalla panchina viola che da quella della Nazionale del loro paese, toccò allenare una banda in smobilitazione, le “vedove di Prandelli”, giocatori che ormai qui a Firenze avevano fatto il loro tempo. A cui si era spenta la luce, come avrebbe rimarcato Gilardino. A cui il viola non si intonava più, come aveva già fatto sapere Montolivo. In cui il lato oscuro dell’anima era tornato a prevalere, come quell’Adrian Mutu che – malgrado i noti screzi del passato – era considerato da Mihajlovic la sua arma migliore, in attesa dell’esplosione dell’altro connazionale Stevan Jovetic. Un’esplosione che come tante altre quell’anno non sarebbe mai arrivata.
La tigre Sinisa a Firenze non riuscì mai a ruggire ed alla fine dovette andarsene sconsolato. E’ da dubitare che con lui in panchina sarebbe mai arrivato un tracollo come lo 0-5 casalingo con la Juventus, ma è un fatto che nel suo anno e mezzo la Fiorentina non entusiasmò mai. I tifosi non hanno un gran ricordo di lui, stretto tra Prandelli e Montella, due che al contrario hanno fatto sognare e divertire.
Quando le strade di Mihajlovic e della Fiorentina si sono incrociate di nuovo, l’anno scorso al primo incontro con la Samp, gli chiesero cosa invidiasse appunto a Montella. La sua risposta, secca, fu: “la squadra, che io a Firenze non ho avuto”. All’andata, il 3-1 di Marassi con l’apoteosi del gol beffa di Eder che mise a sedere tutta la difesa viola deve avergli fatto comprensibilmente piacere. Ancor più gliene farebbe sabato estromettere definitivamente la sua ex squadra dalla corsa alla Champion’s League. P.S. La partita ha un altro ex, quell’Emiliano Viviano che – grandissimo tifoso viola – ha tuttavia fatto benissimo dappertutto meno che qui. Speriamo bene.
Tre giorni dopo arriva la Juventus. Non c’è bisogno di dire altro. La partita avrebbe le sue brave motivazioni anche se in palio ci fosse soltanto il gelato al bar dell’angolo, come da ragazzini. E in palio invece c’è la finale di Coppa Italia, la rivincita su tante sconfitte al cospetto dei bianconeri in vista di un’altra possibile rivincita più avanti contro gli azzurri partenopei o i biancocelesti capitolini.
Quest’anno la Fiorentina ha un match ball ancora più clamoroso di quello dell’anno scorso da giocare. La buona notizia è che non c’è Pirlo a battere eventuali punizioni. La cattiva è che ci sarà Marchisio, malgrado il comico equivoco tra medici azzurri e bianconeri, la Juve è riuscita nell’intento di risparmiare il suo centrocampista per la sfida decisiva del Franchi di martedi, che non ha affatto rinunciato a voler fare sua malgrado parta da una sconfitta casalinga.
I bianconeri hanno nel loro DNA la voglia di vincere sempre e comunque. L’unico modo di batterli è coltivare all’interno del proprio di DNA qualcosa di simile. Servirà che i ragazzi di Montella scendano in campo con gli occhi della tigre. Il vecchio compagno di squadra di Sinisa Mihajlovic ai tempi di una Sampdoria molto più forte dell’attuale (non ce ne voglia viperetta Ferrero) a questo punto dovrebbe aver voglia di legare il suo nome a qualche vittoria, aggiungendo qualche trofeo ad una bacheca che è tristemente ferma all’anno di grazia 2001, a cui seguì poi quello di disgrazia 2002.
Hanno lo sguardo diverso ma ugualmente intenso Sinisa Mihajlovic e Vincenzo Montella. Vediamo chi guarda più lontano. Tra tre giorni. Tutto in tre giorni. Ancora una volta. A proposito, Vincenzo, dai retta, il turnover lasciamolo per quest’estate al mare.

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