sabato 18 aprile 2015

VIOLA NELLA TESTA E NEL CUORE: Er Tiki Taka de' noantri

Per la seconda volta in questa stagione, Khouma El Babacar resuscita la Fiorentina quando già ormai anche la zona Cesarini è allo scadere. Era successo a Chievo, partita che i viola avevano cercato in ogni modo di buttare via, e al 94’ la pantera viola glielo aveva impedito. Poi una lunga panchina, come Cincinnato (se è consentito accostare il nome del grande generale romano ad un assistito di Raiola). Ed eccolo qua nella notte ucraina sempre più fonda per una Fiorentina ormai aggrappata a questa Europa League come ultimo obbiettivo stagionale, arpionare un pallone che chiunque avrebbe dato per perso e rovesciarlo ad occhi chiusi dietro le spalle nella porta della Dinamo, fidandosi soltanto del proprio radar interiore. 1-1 e palla al centro, tra sette giorni si gioca per la semifinale partendo dal vantaggio del gol in trasferta (e speriamo che stavolta basti e non venga scialacquato come contro la Juventus, per due volte). E adesso, caro Vincenzo Montella, rimettilo in panca questo ragazzo se ti riesce. A meno che il Lato Oscuro della Forza (o di Raiola) non torni a prevalere dentro di lui.
San Khouma, protettore degli scialacquatori, ha fatto il miracolo, e al 92’ di Dinamo-Fiorentina alzi la mano chi ci avrebbe scommesso. Dopo una partita trascorsa quasi interamente a nascondere la palla agli ucraini, ma anche a prendere botte e cartellini da un arbitro loro parente e neanche alla lontana, dopo aver visto sfilare via due rigori non dati, dopo aver accuratamente evitato di tirare in porta, se non in tre occasioni: una ciccata da Salah, una da Mati Fernandez e una da Borja Valero. In compenso, gol subito nel primo ed unico tiro in porta degli avversari, e lasciamo fare che in quel momento la Dea bendata era a pensare agli affari suoi.
Questa Fiorentina vuole entrare in porta con il pallone, non ama gli assist, i cross, i tiri da dentro o da fuori. Questa Fiorentina, e con lei il suo allenatore, continua a prediligere il gioco alla spagnola, il cosiddetto tiki taka brevettato in epoca contemporanea dal Barcellona di Messi & C. Peccato che, con tutto l’affetto per i nostri portacolori, tra i viola non ci sono né Messi né Iniesta, né Xavi né nessun altro della compagnia blaugrana che ancora va in giro a dare lezioni di calcio a domicilio, l’ultima al Paris Saint Germain, e scusate se è poco.
I nostri tengono palla, sì, ma anche la perdono spesso e si aprono a contropiedi che come quello di Lens in un modo o nell’altro sorprendono una difesa sbilanciata in avanti dalle disposizioni tattiche del mister e non aiutata dal centrocampo di pesi piuma che ci ritroviamo. Nella Fiorentina, i difensori devono partecipare all’azione d’attacco impostandola, se no con Montella sono guai. E’ l’onda lunga del gioco all’olandese nella release sacchiana che confonde le idee ai nostri giocatori da più di trent’anni. Gente come Gonzalo e Savic devono cantare e portare la croce, e spesso devono recuperare e chiudere in affanno, e a volte qualche casino ci scappa. Allo stesso modo Alonso e Tomovic, sulle cui spalle – a detta dei soloni del calcio, in Italia ce ne sono sessanta milioni, a Firenze cinquecentomila – pesa la responsabilità di innescare costantemente l’attacco con dei cross per i quali non sono portati e ai quali probabilmente si allenano anche poco. E che poi devono chiudere in difesa anche loro con l’affanno, e a volte ti scappa un Lens, per non parlare di un Maertens, e buonanotte.
La Fiorentina versione Montella conosce solo tre modi per portare la palla agli attaccanti. Con il tiki taka estenuante per cui quando si arriva al limite dell’area ci vogliono almeno otto passaggi laterali prima di fare quello in profondità per attaccanti dalle caratteristiche che non abbiamo, o in alternativa di perdere palla aprendosi al contropiede. Con i cross dalle ali, attrezzato per i quali ormai ci sopravvive il solo Manuel Pasqual, che ha principalmente un difetto: 33 anni. Con le iniziative estemporanee di due campioni: Salah e Joaquin, palla a loro e stiamo tutti a vedere. Compresi i compagni che il più delle volte neanche gli vanno dietro a dar man forte, vuoi per mancanza di fiato o di idee.
Oltre ad avere un tasso tecnico non proprio esattamente eguale a quello dei maestri catalani, i nostri scontano anche un altro fatto: la presenza degli avversari. Siccome non sono tutti cretini, si guardano le cassette delle partite passate e studiano come fermarti. Che poi non è così trascendentale, pressing alto sul portatore di palla e raddoppio su Salah. Ecco qua. E tu non hai soluzioni alternative, se non quella di chiedere a Gomez di fare il Rossi, a Salah di fare il Pizarro, a Mati e Borja di cercare di battere il record di passaggi laterali al limite dell’area, mentre in panchina langue colui che tra tutti ha l’unico tiro da fuori in dotazione ai viola: Aquilani. E non è neanche colpa di Montella, perché se chiede un terzino che sappia anche spingere, Cognigni gli compra un centrocampista di interdizione, o il sesto portiere, o sa Dio chi.
Il calcio tutto sommato è un gioco abbastanza semplice. Una quarantina d’anni fa fu deciso di cominciare a complicarlo importando in Italia il gioco all’olandese, sulla scorta dell’impressione destata da quella squadra favolosa in maglia arancione capitanata da Johann Cruyff e dove tutti erano fuoriclasse e tutti sapevano fare tutto. Peccato che gli olandesi ce li aveva solo l’Olanda. L’importazione in Italia di quegli schemi e di quella filosofia calcistica fu un disastro epocale, mitigato solo dall’esplosione della Nazionale di Enzo Bearzot. Il che non impedì all’ineffabile Arrigo Sacchi di confondere le idee a schiere di suoi veri o presunti allievi con le successive versioni rivedute e peggiorate di quel gioco orange del 1974.
La storia, soprattutto quando ha qualcosa di pessimo da proporre, si ripete sempre. Quarant’anni dopo ecco il Barcellona, undici fuoriclasse che vincerebbero anche se giocassero con la palla di stracci o quella ovale da rugby. E tuti a copiare il tiki taka, Bayern Monaco compreso. E a farsi “bere” da qualche allenatore decisamente meno à la page, come dicono i francesi, ma molto più furbo, come il Rebrov visto giovedi sera: tutti dietro e contropiede. Una volta vincevamo noi così, adesso siamo diventati i polli da spennare.
San Khouma a volte ti fa il miracolo, e magari ritorna anche nell’orto di Cincinnato per permettere ancora a Montella di incaponirsi con un Gomez completamente disadatto al suo gioco, e con altri gadgets fuori posto. Ma attenzione, gli dei non amano i testardi. Né gli allenatori che non sanno adattare i loro schemi alle circostanze. Giovedi prossimo al Franchi, tanto per cambiare, c’è da patire. E lasciamo stare il gol segnato fuori casa, poiché non abbiamo precedenti – di medio e breve periodo – granché fausti. Speriamo almeno che Raiola questa settimana abbia altro da fare, e il “pantera” rimanga sul bioritmo positivo.

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