giovedì 20 agosto 2015

VIOLA NELLA TESTA E NEL CUORE: E INTANTO IL TEMPO SE NE VA....

15 agosto 2015



Arriva Nikola Kalinic dal Dnipro di Dnipropetrovsk e la novità è che si ferma, non prosegue per Roma o altre città che rivaleggiano con Firenze non solo per arte e prestigio. No, il ragazzo si ferma e soprattutto firma. Nella fattispecie, il contratto che ne fa un giocatore della Fiorentina per i prossimi anni. Finita l’era del crepuscolare Mario Gomez, comincia quella dell’ex promessa del calcio croato, che dovrebbe durare – se “carta canta” – addirittura quattro anni. Il buon Nikola arriva a titolo definitivo. Se si vuole, un’altra grossa novità di questa estate viola che ci stava abituando a sentir parlare (molto) e concludere (poco) soltanto di prestiti.

Buffa la vita, e il calcio che ne fa parte. Due anni fa la Fiorentina stracciò il Dnipro in Europa League all’andata ed al ritorno. L’anno scorso, ad organici praticamente invariati, fu il Dnipro ad andare in finale eliminando il Napoli, mentre la Fiorentina alzava bandiera bianca contro i detentori di Siviglia, che poi in finale sarebbero stati messi a dura prova proprio dagli ucraini. Fu proprio Kalinic in quel di Varsavia, dopo i due gol che avevano sbattuto fuori i partenopei, a segnare quello che illuse i suoi prima della remuntada sevillana guidata da Bacca. I due si ritroveranno nella prima giornata di campionato, il colombiano in rossonero ed il croato in viola, e la sfida del Franchi dirà molto su chi è destinato a sorridere quest’anno e chi invece a tribolare.

Arriva dunque Kalinic, ed arriva – udite, udite! – anche la contestazione. Il gruppo di tifosi denominato Marasma 1993 ha appeso sui cancelli dello stadio lo striscione che recita “tic tac tic tac, i’tempo sta per scadere. Spendere no per vincere ma per convincere!!” E’, pur con il consueto freno a mano tirato che contraddistingue una tifoseria in altri tempi ben più insofferente come quella viola, la prima contestazione aperta da tre anni a questa parte nei confronti dei proprietari della società viola. Ogni riferimento ai quindici giorni e poco più che mancano alla fine del calcio mercato ed ai tre acquisti – a dir poco, o meglio, a dire quello che ha detto Andrea Della Valle in persona – che ancora latitano e che rendono la Banda Sousa una banda dagli uomini contati, è assolutamente evidente.

Tra 9 giorni si comincia a fare sul serio. Al Franchi non si presenterà un Barcellona in clima vacanziero né tantomeno un Chelsea da rimpatriata tra portoghesi, ma bensì un Milan con propositi di rinascita dichiarati, guidato da un ex tra i più avvelenati di quanti sono passati da queste parti e sono stati costretti ad andare via a collo torto e magari non proprio per colpa loro. Almeno non tutta. Sinisa Mihajlovic vorrebbe tanto cominciare il suo ciclo vincente a spese di quello del collega Sousa e della sua Fiorentina, aggiungerebbe un sapore irresistibile a quel piatto che com’è noto si mangia freddo e che lui aspetta di gustare da quando alla fine del 2011 fu esonerato dalla guida di una squadra viola a cui si era spento tutto, non soltanto la luce. Chissà se Paulo Sousa ha gli uomini per impedirglielo, lo scopriremo solo vivendo, e aspettando che quel tic tac tic tac inesorabile trascorra portandoci qualche altra buona novità.

Intanto, in attesa di qualche annuncio da Viale Manfredo Fanti e del prossimo temporale che spezzi l’afa magari senza demolire qualche altro scorcio di Firenze, al vostro cronista alle prese con il tempo da ingannare e le poche notizie da commentare torna in mente un altro Fiorentina-Milan di avvio campionato. Una vita fa.

Era l’11 settembre 1977. Allo Stadio Comunale non ancora intitolato ad un Artemio Franchi vivo e vegeto scesero i rossoneri allenati da Pippo Marchioro. Il Milan era in uno dei momenti meno fulgidi della sua prestigiosa storia, il Cavaliere era ancora di là da venire. I viola invece – malgrado con Ugolini si trovassero in difficoltà economiche accentuate dal sacrificio della mancata cessione di Antognoni e dagli infortuni irrecuperabili a promesse del calibro di Guerini e Roggi – venivano da un campionato strano ma soddisfacente. L’anno prima la Juve che un giorno sarebbe diventata campione del mondo con poche aggiunte aveva chiuso a 51 punti, mentre al secondo posto a 50 era arrivato un Torino appena un po’ meno grande di quello chiamato Grande per definizione. Graziani, Pulici & C. avevano dato spettacolo. Terza si era classificata – a 15 punti di distanza – la Fiorentina di Carletto Mazzone, non ancora chiamato dai suoi concittadini romani “er magara”, ma già soprannominato dalle nostre parti “stroncapettini” per evidenti motivi.

I vola sembrarono partire bene. Al 53’ segnò un difensore, Marco Rossinelli. Al 90’, quando sembrava ormai fatta, pareggiò Egidio Calloni, che i suoi tifosi di manzoniane letture chiamavano “lo sciagurato Egidio” per motivi altrettanto evidenti, ma che se gli capitava la buttava dentro. Quel giorno lo fece, e virò il campionato della Fiorentina al brutto. Il resto è storia nota, con la salvezza conquistata solo a sei minuti dalla fine dell’ultima giornata grazie al gol dell’interista Scanziani al Foggia, mentre al Comunale Fiorentina e Genoa giocavano lo spareggio del terrore che mandò in B Pruzzo e compagni.

Ricordi, nient’altro che ricordi. Però, tic tac tic tac, il tempo passa, i giocatori restano bravi ma contati. Come l’altra volta vengono da un campionato – chiamiamolo così – di vertice. Come l’altra volta si trovano di fronte un Milan al momento indecifrabile. Come l’altra volta, forse (ipotizziamo, ma a ragione che presto vedremo quanto veduta) sono nelle mani di una proprietà che ha fatto il suo tempo, e che ha cominciato a guardarsi intorno più per vendere che per comprare.
Diciamo la verità. Con i Della Valle i risultati non sono mancati (magari le vittorie sì), ma è stato difficile se non impossibile appassionarsi. Quell’anno, uno degli ultimi del povero presidente Ugolini, ci si appassionò molto di più. Ecco, a ben pensarci non vorremmo riviverlo per tutto l’oro del mondo.

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