lunedì 28 settembre 2015

DIARIO VIOLA: Fiamme viola su San Siro



C’è una luna viola nel cielo di Milano stanotte. La sua ombra si allunga su tutta l’Italia. Dalle 22,30 la Fiorentina è capolista del campionato di calcio italiano. Non succedeva dal 21 febbraio 1999, quando la Fiorentina del Trap salutò il primato che aveva difeso per tutto l’inverno accompagnando in infermeria Batistuta ed al carnevale Edmundo.
Non era mai successo nell’era Della Valle. Forse è per questo che Andrea in tribuna sembrava quasi più preoccupato della responsabilità piovutagli sulle spalle che contento del regalo fattogli dai suoi giocatori in occasione del suo cinquantesimo compleanno. Del fratello Diego, dopo il provvidenziale – come sempre, a quanto pare – “discorso alle truppe”, nessuna traccia. Meglio così, tra le due proprietà, quella nerazzurra e quella viola, non corre da tempo buon sangue, e non certo per colpa del consigliere Panerai.
La Fiorentina balza in testa alla classifica della Serie A schiantando l’Inter a domicilio. E’ una vittoria clamorosa, del tutto diversa da quella dell’anno scorso, ottenuta con una prestazione epica da calcio pionieristico. I viola di Montella in nove contro undici resistettero alle rabbiose folate interiste e portarono a casa una vittoria di misura preziosissima malgrado la sfortuna ed il clamoroso errore dell’allenatore che esaurì i cambi con un suo giocatore a terra infortunato.
Stavolta i viola di Paulo Sousa mettono sotto i più blasonati – e gettonati – avversari nascondendo loro la palla per ottanta minuti su novanta, irridendoli con un possesso palla di cui non li si riteneva più capaci e mettendo a segno quattro reti nella Scala del Calcio. Anche questo non succedeva da una vita. Era il 7 maggio 2000, due gol di Enrico Chiesa, uno di Bressan e uno di Batistuta (che di lì a poco avrebbe salutato la maglia viola) schiantarono l’Inter del giovane Moratti ed i suoi sogni di gloria.
Più che la partita perfetta, la Fiorentina viene a Milano a disputare la partita della vita. La partita del secolo, giocata a ritmi tutto sommato compassati e con la consapevolezza che stasera tutto le va bene, ogni pallone che tocca diventa d’oro. Mentre agli avversari, i nerazzurri di quest’Inter che doveva già spaccare il mondo a furor di popolo (e di mass media), non ne va bene una. Sia sfortuna o pochezza di un centrocampo mai così miserrimo da queste parti lo dirà il futuro.
La Fiorentina ringrazia la buona sorte, ma va anche a cercarsela. In partenza beneficia del forfait di Jovetic, che non è cosa da poco se è vero che dei quindici punti interisti Jo-Jo ne ha procurati da solo almeno la metà. Doveva essere anche una partita, quella dei viola, contro il proprio passato recente. Oltre a Jovetic, si sono accasati qui a Milano sulla sponda nerazzurra anche Llajic e Felipe Melo. Del serbo non c’è traccia, ed è abbastanza incomprensibile vista la scarsa qualità della linea centrale nerazzurra. Il brasiliano invece ad ogni pallone che tocca stasera riporta alla memoria il più grande colpo di mercato di Pantaleo Corvino. Venderlo alla Juve per 25 milioni fu un affare irripetibile, che risarcì la società viola dell’altro subito in negativo allorché il diesse militava nel natìo Lecce ed appioppò ai Della Valle un altrettanto incomprensibile Valerji Bojinov.
La Fiorentina beneficia stasera anche della particolare attenzione posta a quanto accade sul terreno di gioco da parte dell’arbitro Antonio Damato. Della federazione di Bari, ed anche – notoriamente – dell’Inter Club di Barletta. Il fischietto pugliese vuole allontanare da sé ogni ombra di sospetto (dopo gli incresciosi precedenti di un paio di anni fa), e non ha esitazione a concedere un rigore alla Fiorentina già al secondo minuto per atterramento di Kalinic da parte di un Handanovic in serata tutt’altro che di grazia.
Accade che contro la muscolare ma poco agile retroguardia nerazzurra Sousa scelga di mandare il veloce e tecnico Kalinic piuttosto che un Babacar destinato a fare pericolosamente a sportellate. Nello stadio che fu di Roberto Boninsegna, il croato aggredisce la prima palla utile destinata al portiere avversario e ne tira fuori di rapina il vantaggio per la sua squadra manco fosse il Bonimba dei tempi migliori. Handanovic si avvede all’ultimo momento del pericolo e stende l’attaccante con una ginocchiata plateale. Solo i supporters nerazzurri possono avere dubbi su questo rigore. Banti sulla linea di porta segnala il fallo, Damato concede il penalty senza battere ciglio.
Va a batterlo l’altro eroe ritrovato, che stasera è destinato alla consacrazione. Josip Ilicic trasforma la massima punizione con freddezza, e da quel momento se la gioca alla grande, manco fosse diventato Andres Iniesta. Un vero orchestrale di talento nella Scala del Calcio. L’Inter scopre che la partita in cui doveva fare un sol boccone dei parvenues avversari si è complicata maledettamente. Ilicic e Borja Valero stasera suonano i loro strumenti da Dio. Badelj e Vecino tengono il tempo come non mai. La squadra funziona ad orologio. E di questa Inter arruffona e con il sangue agli occhi non ha pietà.
Al quarto d’ora Handanovic smanaccia un gran tiro di Ilicic. E’ un mezzo miracolo, ma l’altro mezzo non si compie. La palla ricadrebbe in porta da sola, ma Nikola Kalinic sente che è la sua serata – per entrare subito nella storia e nel cuore dei suoi tifosi -  e la ribatte in rete. Due a zero, Fiorentina al comando e tifosi viola che si stropicciano gli occhi. E’ valsa la pena aspettare mezza vita per assistere a quello che sta succedendo.
L’Inter non la becca proprio, la Fiorentina sembra tornata quella del momento d’oro di Montella, con in più una velocità d’esecuzione ed una cattiveria offensiva che il tecnico di Pomigliano d’Arco non era mai riuscito a trasmetterle. Passano altri cinque minuti e uno spettacolare Alonso si beve Santon sulla fascia e va a crossare a centro area micidiale come la lama di un rasoio. Il nostro Boninsegna si chiama ancora Kalinic, la deviazione sottoporta è splendida, altrettanto micidiale. Di quelle che chiudono ogni discorso ed aprono scenari assolutamente nuovi.
Partita per giocare lo scontro al vertice della Serie A, la Fiorentina si ritrova a giocare una partitella settimanale. Un po’ come successe l’anno scorso all’Olimpico contro la Roma in Europa League, i ragazzi in viola sembrano poter fare quello che vogliono degli avversari, poter far loro male ogni volta che affondano. E infatti, passano pochi altri minuti e Miranda deve stendere ancora Kalinic lanciato a rete. Fallo da ultimo uomo in chiara occasione da rete, rosso diretto, buonanotte Inter.
In undici contro dieci, la mission della Fiorentina diventa quella di mantenere la concentrazione, visto che il primo posto in classifica ormai è fuori discussione. Lo dimostra chiaramente Tatarusanu, inoperoso per tutta la partita tranne che su un retropassaggio che per poco non riesce a trasformare con abile tocco in un madornale autogol. Ma Sousa dev’essere un discreto motivatore, perché da quel momento i suoi giocatori non sbagliano più niente, ma proprio più niente.
Per tutta la ripresa nascondono il pallone ad avversari che dire frastornati è dire poco. Il gol di Icardi che sugli sviluppi di un calcio di punizione accorcia le distanze è assolutamente episodico, e viene seguito da quindici minuti di possesso palla viola pressoché totale. Finché alla mezz’ora Kalinic fa quattro, avviando una triangolazione con l’ottimo e generoso Ilicic, che gliela rende sotto porta in maniera tale da non potersi sbagliare.
Pur non affondando i colpi, la Fiorentina potrebbe segnarne altri, ma giustamente sceglie di non infierire sull’avversario, per quanto acerrimo. Finisce con Paulo Sousa che con stile sempre più british dà la mano a tutti i suoi ragazzi senza tradire la minima emozione. Soltanto un lieve sorriso sottolinea la serata in cui probabilmente entra nella storia di questa Fiorentina, facendo dimenticare chi c’è stato prima, vicino o lontano nel tempo. E con Andrea Della Valle che sembra guardare apparentemente pensieroso il campo di cui la sua Fiorentina si ritrova improvvisamente padrona.
In cielo, c’è una luna viola che splende e illumina una notte che non era così dolce per Firenze da diciassette anni circa. COMANDA FIRENZE, titolò la Gazzetta dello Sport nel 1981 quando la Fiorentina di Picchio De Sisti balzò in testa alla classifica. Anche stasera è così. Per qualche notte almeno, fateci sognare.


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