venerdì 18 settembre 2015

ROAD TO BASEL: Comincia male la strada verso Basilea



La strada per Basilea comincia da Basilea. Non è un paradosso né un circolo vizioso, ma uno di quei giochi che la vita si diverte a fare con chi la vive. Accade che nell’urna di Nyon la Fiorentina peschi come primo avversario della nuova stagione di Europa League proprio la squadra a cui ha “sottratto” l’allenatore a giugno scorso, non appena formalizzata la rottura con Vincenzo Montella. Accade anche che la città che di quella squadra è orgogliosa sostenitrice, la terza per importanza nella Confederazione Elvetica dopo Zurigo e Ginevra, sia destinata ad essere sede ospitante dell’atto conclusivo di questa Europa League appena avviata.
La stagione passata la Fiorentina mancò l’appuntamento con l’atto conclusivo di Varsavia per aver sottovalutato un avversario in semifinale, il Siviglia, che forse non era più forte in assoluto di lei ma che sicuramente si era presentato allo scontro più fresco mentalmente e più organizzato. Era un’altra Fiorentina, peraltro, e sembra passata una vita.
La Fiorentina attuale è figlia di un calciomercato da spending review. Addetti ai lavori e addirittura pubbliche autorità si sono affannati a dipingerlo come positivo e a stigmatizzare chi tra i tifosi ha osato avanzare perplessità che peraltro la squadra nelle sue uscite ufficiali (lasciando cioè da parte il prodigioso ma poco veritiero pre-campionato) ha puntualmente autorizzato.
La squadra di Montella, a parte la presenza in essa di singoli dal tasso tecnico indiscutibilmente superiore a quello di alcuni degli attuali (all’epoca guarda caso seconde scelte), era stata giustamente accreditata nel bene e nel male di essere la succursale in Italia del calcio spagnolo, cioè della scuola che andava – e va tutt’ora – per la maggiore. Quella di Paulo Sousa, da quando il primo arbitro ha fischiato il primo calcio d’inizio della stagione 2015-16, è apparsa piuttosto una riedizione in veste più brillante (ma non troppo) di quella di Cavasin che cavalcò la tigre della panchina viola dalla C2 alla B, dalla Florentia Viola all’ACF Fiorentina nei primi tempi eroici della gestione Della Valle. Quella del “lancione a Riganò”, per intenderci.
Al posto del bomber di Lipari adesso c’è un ragazzo che viene dalla costa dalmata della Croazia, Nikola Kalinic, che ha dimostrato di essere finora l’unico valore veramente aggiunto del calciomercato 2015. Veloce nelle ripartenze che hanno dimostrato di essere l’unica arma finora in mano ai ragazzi di Sousa e tenace nella difesa della palla (il classico “fare reparto da solo” tanto in voga da queste parti dai tempi assai rimpianti di Luca Toni), ieri sera l’ex di Hajduk e Dnipro ha finalmente timbrato anche il cartellino dello score, mettendo subito in discesa la partita dei suoi compagni.
Miglior esordio non poteva sperare Paulo Sousa, con Facundo Roncaglia rifinitore alla Borja Valero e Kalinic falco da area di rigore come il miglior Gilardino. E con una difesa elvetica forse più emozionata di lui nel ritrovarsi di fronte al vecchio allenatore, quello che ha portato Basilea a festeggiare lo scudetto della Confederazione nel maggio scorso. Peccato che l’esito finale non sia stato quello che probabilmente il mister portoghese aveva probabilmente sognato nelle notti di avvicinamento a questa partita.
Diciamo la verità, nelle precedenti uscite tra Milan, Torino e Genoa spesso il risultato finale ha mascherato le vistose lacune viola: primi tempi da calcio d’antan con difesa e contropiede impreziositi dall’estro apparentemente ritrovato di alcuni vecchi e giovani “senatori” come Borja valero, Ilicic e Bernardeschi; riprese caratterizzate da cali fisici spaventosi, con i nostri eroi costretti in difese ai limiti dell’assedio senza più riuscire a ripassare quasi la metà campo avversaria.
Ieri sera l’avversario era di rango internazionale. Son finiti i tempi in cui il calcio italiano poteva guardare quello svizzero dall’alto in basso, a livello di Nazionale come di Club. Ce n’eravamo accorti già due anni fa alle prese con le Cavallette di Zurigo, che tennero per tutto un tempo, il secondo della partita di ritorno, il Franchi nell’angoscia di una possibile eliminazione dalla Coppa già al turno preliminare. Questo Basilea dal canto suo vantava già diversi colpacci messi a segno in terra inglese e almeno uno, clamoroso, all’Olimpico di Roma. Campione elvetico in carica e motivato probabilmente a dimostrare al suo ex allenatore che il progetto che valeva la pena di intraprendere era quello che si è lasciato alle spalle e non quello (assai ipotetico per ora) verso cui si è diretto rescindendo un ottimo contratto.
Per tutto un tempo il Basilea ha subito la fisicità di una Fiorentina comunque apparsa già paga del gol trovato troppo presto. Una Fiorentina molto fallosa e poco ispirata, con Ilicic e Valero ritornati a quell’apatia così consueta nella scorsa stagione ed un Mati Fernandez di pari inconsistenza. Con un Babacar troppo isolato in avanti e poco servito da un gioco ancor più avaro di quello che l’anno scorso esaltava – si fa per dire – la scarsa vena di Mario Gomez. Con un Błaszczykowski che ne ha di strada da fare per ritornare quello di Dortmund, ma si sapeva e semmai non è colpa sua.
Ma soprattutto con una difesa che non era impenetrabile quando Montella poteva schierare gente come Savic e Basanta, e che lo è ancor meno adesso che i suddetti sono stati lasciati partire senza adeguata sostituzione. Il buon Astori in campo internazionale mostra tutti i suoi limiti, infortunio a parte, e per quanto riguarda la presenza di un terzino destro di ruolo in casa viola bisogna risalire a Cristian Maggio, roba dei tempi del sovramenzionato Cavasin. Se proprio non vogliamo riandare col pensiero ad altre Fiorentine, rispolverando dalla soffitta gente come Daniele Adani.
La difesa sotto pressione e non più filtrata dal muscolare (ad autonomia ridotta) centrocampo non regge una partita intera. Se arriva un’espulsione – come nelle ultime due circostanze – è Fort Apache. Dopo Badelj ieri sera è toccato a Gonzalo Rodriguez macchiarsi di una imperdonabile (soprattutto a lui) ingenuità. A discolpa del campione argentino va detto che probabilmente ormai quando si trova al centro di una difesa decimata, sottodimensionata e con gente fuori ruolo va in ansia, malgrado si tratti di un giocatore sul limitare della categoria fuoriclasse. Purtroppo, non tutti hanno il carattere di Passarella oltre ai piedi ed alla testa. Gonzalo solitamente ci va molto vicino, ma ieri sera la sua ingenuità è costata probabilmente il match ai viola, insieme alla commozione cerebrale di Astori.
Il pareggio di Bjarnason al 71’ ha chiarito due cose, anzi tre: che lo scandinavo è più fortunato di Błaszczykowski che ha tentato lo stesso tiro sul palo vedendo però la palla schizzare via con un angolo diverso, che il portiere Sepe almeno ieri sera miracoli non è parso in grado di farne giustificando così le attuali gerarchie tra portieri, che la strenua resistenza sul Piave che aveva funzionato contro il Genoa non è bastata con avversari di rango decisamente superiore. Il gran tiro di Elneny sotto la traversa è un eurogol inferiore soltanto a quello di Florenzi al Barcellona, ma prodezza a parte la Fiorentina ieri sera appariva predestinata ad andare sott’acqua in quei minuti finali in cui non reggeva più nemmeno gli scarsi refoli d’aria che arrivavano sullo stadio da Fiesole e dintorni.
Comincia così la strada verso Basilea di questa Fiorentina post-Montella. Chissà se Paulo Sousa si sta chiedendo se ha scelto il progetto giusto. Chissà dove porterà la strada appena incominciata. La Fiorentina vista ieri sera arriverà sicuramente a Basilea per il match di ritorno, difficilmente per la finale. Di sicuro, i favori di qualsiasi pronostico non possono adesso arriderle più.


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