venerdì 27 novembre 2015

ROAD TO BASEL: Orgoglio e follia viola



A quanto pare quella di ieri sera non sarà l’ultima volta che la Fiorentina sale a Basilea in questa stagione. Almeno in linea teorica, i ragazzi viola imponendo alla capolista del girone di qualificazione questo pareggio che va addirittura stretto e che tuttavia è stato anche sofferto si sono guadagnati il diritto di proseguire lungo la strada che a maggio porterà due squadre a giocarsi l’Europa League ancora qui, a Sankt Jakob Park.
Come dice Confucio, lungo la strada due sono gli errori che si possono commettere: non cominciare e non andare fino in fondo. Negli ultimi anni la Fiorentina si è guadagnata in pianta stabile il diritto di partecipare alla competizione europea, cominciandola almeno quattro volte e fermandosi però nelle migliori occasioni appena prima dell’atto conclusivo. Quest’anno per come si era messa sembrava addirittura che arrivare in fondo fosse una chimera, che addirittura rispetto ai tempi controversi di Montella (“noi siamo questi”, ricordate?) avessimo fatto un considerevole passo indietro.
Già, Vincenzo Montella. Chissà se il tecnico di Pomigliano d’Arco alla fine non andrà riabilitato, con i suoi turnover preventivi e le sue scelte tecniche tanto repentine e drastiche da apparire a volte assolutamente azzardate. Vien fatto di pensare che quando mise fuori squadra Facundo Roncaglia dall’oggi al domani sapesse comunque il fatto suo. Stamattina è inevitabile unirsi al tormentone di giornata, quel “a Roncaglia è partito l’Embolo” che sdrammatizza opportunamente un episodio che poteva costare alla Fiorentina ben più dei due punti lasciati in Svizzera. Verrebbero in mente altre battute, tipo quella del “cervello A.B.NORME in un armadio di due metri e mezzo” che fece la fortuna del Frankenstein Junior di Mel Brooks, uno che dalla sua panchina, o meglio dalla sua sedia di regista, non ha mai sbagliato una partita.
Tira un bel sospiro di sollievo Paulo Sousa. Non solo perché esce da Sankt Jakob con un risultato che alla luce anche del pareggio tra Poznan e Belenenses gli richiede soltanto una facile vittoria nell’ultimo turno casalingo contro i portoghesi per ottenere la qualificazione (con il rischio “biscotto” scongiurato dalle possibili combinazioni di risultati rimaste). Ma anche perché questo suo ritorno sulle rive del Reno – un ritorno che a quanto è stato dato di vedere lo angustiava parecchio – si conclude con un’uscita dal campo a testa alta. Sia per lui che per la società Fussballclub Basel 1893, con la quale si era lasciato in modo non proprio idilliaco a giugno scorso, proprio per venire a Firenze.
Il mister portoghese stavolta mette in campo quelli che sa essere i migliori. Come detto più volte, gli uomini su cui può fare affidamento per “dipingere le magnifiche sorti e progressive” della Fiorentina sono 14 o 15. Tra questi, fino a ieri sera comprendeva sicuramente il prode Facundo. Dopo la gomitata galeotta ad Embolo e la squadra ridotta in dieci per più di un’ora, sarà curioso – e al limite anche preoccupante – vedere se riva all’Arno ci sarà ancora spazio per le “roncagliate”.
La Fiorentina gioca per mezz’ora una partita di spessore tecnico considerevole, dimostrando due cose: che i valori tecnici in campo parlano chiaro, la leadership del girone di Europa League – come quella del resto del campionato italiano – sarebbero sue senza discussione se solo fossero eliminati alcuni passaggi a vuoto, soprattutto casalinghi; e che attualmente non può assolutamente prescindere da tre uomini: il Borja Valero attuale, detto “mattonella” perché non gli levi il pallone dai piedi nemmeno mettendogli addosso uno come Roncaglia, il Nikola Kalinic su cui purtroppo mezza Europa sta mettendo gli occhi addosso (soprattutto quel Chelsea con cui ultimamente ci sono stati fin troppi intrecci di mercato pericolosi), il Federico Bernardeschi da Carrara, il ragazzo che gioca guardando quelle stelle che anni fa qui a Firenze furono cucite sulla maglia numero dieci e che ogni giorno che passa vede da sempre meno lontano.
Federico in questo momento è l’uomo ovunque. I suoi vent’anni non richiedono turnover di sorta, lui gioca come giocavano gli olandesi quarant’anni fa, in difesa, a centrocampo ed in attacco. E’ il calcio totale in una sola persona, e di livello tecnico notevole. Il primo gol della Fiorentina ieri sera se l’avesse segnato Messi su passaggio di Iniesta ci verrebbe riproposto in TV per secula seculorum. Invece lo segna lui su assist altrettanto splendido di Borja Valero e per un attimo ai tifosi viola venuti fino quassù ed a quelli rimasti a casa sembra di essere al Nou Camp, senza esagerazioni.
Peccato che la gioia duri poco. A Facundo parte l’Embolo. L’arbitro slovacco Ivan Kruzilak non ha motivo per graziarlo. La Fiorentina, che comunque lamenta un rigore non concesso al terzo minuto per fallo di mano, si ritrova con l’uomo in meno. Entra Nenad Tomovic per Ilicic, non è il mitico cambio Baggio-Marcheggiani di Arrigo Sacchi ai Mondiali USA 94, è un atto pressoché dovuto. E la Fiorentina sul momento non risente della perdita dello sloveno in avanti. Kalinic crea, Bernardeschi trasforma, è il 36’, 2-0 e palla al centro.
Marcia trionfale per Sousa? Serata in discesa? Macché, nemmeno per sogno. Due minuti dopo quando parte il traversone di Zuffi, Embolo e altri due suoi compagni sono in netto fuorigioco, ma arbitro e guardalinee non se ne accorgono. Sepe fa un miracolo sul fantasista camerunense naturalizzato elvetico, ma sulla ribattuta di Suchy non può niente. Finisce il primo tempo sul 2-1, ma fosse stato un 3-0 per i viola nessuno avrebbe potuto gridare allo scandalo.
La ripresa trascorre con la Legione Viola che cerca di stringere i denti resistendo alle folate del Fussballclub Basel ed alle decisioni arbitrali sempre virate al casalingo. Il fallaccio di Janko su Gonzalo in particolare dovrebbe riequilibrare le sorti numeriche del match, ma Kruzilak ha una serata come quella di Roncaglia e ignora. Alonso sfiora il 3-1 con una delle sue punizioni di quest’anno. Suchy compie fallo da ultimo uomo su Kalinic, ma resta anche lui in campo.
Un minuto dopo, il pareggio svizzero. La fortuna stasera non aiuta gli audaci, ma nemmeno i pirla recidivi. Qualcuno spieghi a Sousa (e a buona parte degli allenatori moderni) che sui calci d’angolo si tiene sempre un uomo al limite dell’area a spazzare via, evitando tiri in perfetta solitudine e comodità come quello di El Neny. Che costa alla Fiorentina, la squadra che non pareggiava mai, il secondo pareggio consecutivo, dopo quello maturato domenica scorsa grazie ad analoga prodezza dell’empolese Buchel.
Cosa fai, ti metti a sottilizzare? Portiamo a casa questo pareggio, la Fiorentina per quanto ha potuto ha giocato davvero bene, facendo fare bella figura al suo Mister e a tutta Firenze. Basta soltanto non farsi venire tentazioni di turnover tra una settimana con il Belenenses, e a febbraio saremo ancora qui, pronti a riprendere la strada che (ri)porta a Basilea. Con il Mister che non dovrà più preoccuparsi dell’accoglienza del Sankt Jakob almeno per altri sei mesi, e potrà riprendere il suo discorso tecnico - finora pregevole - con la testa sgombra. Nel frattempo qualcuno dia il sedativo, “sedadabo” o quello che è a Facundo Roncaglia.

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