giovedì 7 gennaio 2016

DIARIO VIOLA: Dove eravamo rimasti?

La notizia del giorno è che Paulo Sousa ha sconfitto anche la Befana. La vecchina che porta doni e/o carbone era tradizionalmente uno degli avversari più temibili della Fiorentina, alla quale spesso e volentieri in epoca recente è andato di traverso il panettone natalizio al ritorno sui campi di gioco.
In sede di presentazione dell’impegno da cui era attesa la banda viola in questa diciottesima giornata, la prima del 2016 e l’ennesima ormai in veste di squadra virtualmente in lotta per lo scudetto, avevamo presentato il Palermo come il cliente più scomodo tra quelli posti di fronte alle varie pretendenti al titolo. Malgrado il trend positivo degli ultimi anni al Barbera, tornare via dalla Sicilia ancora una volta con un risultato pieno non pareva cosa facile. E poi c’era di mezzo lei, la temibile Befana. O per meglio dire l’Epifania, quella che tutte le feste le porta via. E spesso anche i sogni.
Avevamo lasciato i nostri eroi ad un punto dalla vetta della classifica della serie A, dopo diciassette turni giocati bene come nessun altro e qualche sconfitta di troppo, maturata sì per “episodi” e contro “pari grado” ma che proprio in virtù di quei ricorrenti episodi lasciava qualche dubbio sulla tenuta psicofisica della squadra allenata da Paulo Sousa. Nello scambiarci gli auguri di buone feste ci eravamo anche detti che nei giorni in cui la palla non avrebbe rimbalzato sull’erba, essa sarebbe doverosamente passata alla società, intesa come staff di addetti al mercato. La splendida coperta viola sembrava corta più che mai, e lo stesso mister che aveva piacevolmente sorpreso in quanto a chiarezza di idee e capacità di trasmettere il proprio carattere a giocatori abituati da tre anni ad altra personalità ed altri schemi sembrava egli stesso in difficoltà in quanto a gestione di questa coperta. Da cui non si era fatto scrupolo tra l’altro di tagliare via una bella fetta di scampoli per un motivo o per l’altro ritenuti non all’altezza della trama complessiva.
Palermo-Fiorentina non scoglie tutti i nodi bene o male venuti al pettine viola nell’ultima fase del 2015, ma consente un ottimo avvio di 2016, a prescindere da cosa farà l’A.C.F. al calciomercato appena iniziato e che si protrarrà fino alla fine del corrente mese. Qualunque cosa sia destinato a trovare Paulo Sousa nella calza della Befana che tardivamente gli verrà aperta il 31, egli sa che deve partire a razzo con quello che ha in mano. I suoi undici fedelissimi, a cui come a tutto il resto della squadra ha concesso ferie ridotte e che evidentemente ha saputo tenere sulla corda – psicologicamente e fisicamente parlando – in senso decisamente positivo.
La Fiorentina aggredisce il Palermo come ha fatto più o meno con tutti quest’anno, grandi e piccini. Difesa a tre con recupero di Roncaglia a fianco di Gonzalo e Astori, con Alonso (fresco di rinnovo) e Bernardeschi sulle fasce a tenere il baricentro della squadra più alto possibile. Borja, Badelj e Vecino sono quelli che ci ricordavamo là in mezzo. Davanti, per un Kalinic che non sembra ritornato ancora quello migliore, c’è un Ilicic che meglio di così non si può. Il Palermo dimostra subito di essere tutt’altro che lo spauracchio paventato, la Fiorentina di essere per una volta passata indenne attraverso la lunga sosta natalizia.
Dopo dieci minuti, Kalinic ha già mangiato un gol grosso come una casa. Dopo altri tre, Ilicic va via al marcatore con una giocata degna di Roberto Baggio e si presenta davanti a Sorrentino spostato sulla destra con uno spazio di tiro in porta così ridotto che metterebbe in difficoltà una sarta provetta. Per di più, la palla è sul piede meno benedetto, il destro. Ma alla sarta slovena il ricamo riesce alla perfezione. Partita in discesa, ottimo inizio per i viola e per i loro aficionados. Come si dice, buona fine e buon principio, meglio di così….
Come già il Chievo, il Palermo sembra una squadra che ti può dare filo da torcere per segnargli il primo gol, ma una volta che l’ha preso difficilmente te lo rifa. La truppa agli ordini di Ballardini non è un granché, ma insomma giocando davanti al proprio pubblico qualcosa di più e di meglio lo potrebbe combinare. Invece lo score del primo tempo rosanero è una fila di zeri. Merito anche di una Fiorentina che gioca la partita perfetta.
Al 42’ Kalinic recupera una delle tante palle controllate oggi non alla perfezione e serve divinamente al centro un Ilicic solo soletto al limite dell’area. Se lo sloveno ha il tempo di aggiustarsi la palla sul sinistro e di pensare a cosa farne, da quella posizione difficilmente perdona. Doppietta e commozione profonda per un giocatore che in questo stadio ha giustamente lasciato un bel pezzo di cuore, e che pur facendo il suo dovere di professionista fino in fondo signorilmente limita la sua esultanza al rispetto per una maglia e per tifosi che fino a tre anni fa erano i suoi.
Prima del riposo, c’è tempo perché Borja Valero sciupi una prodezza alla Baggio (anche questa) servendo tardivamente Kalinic che completa la sua scorpacciata di gol praticamente già fatti. Dice, ma siamo sul due a zero, che vuoi che sia, e poi siamo in controllo totale del match.
Una squadra che studia da grande come la fiorentina deve imparare che i gol “già fatti” vanno fatti davvero, sempre e comunque. Perché prima o poi servono. Nella ripresa, vuoi l’impossibilità viola di mantenere il ritmo del primo tempo a questo stadio della preparazione, vuoi l’orgoglio (e la paura di Zamparini) che impone ai rosanero di mettere in campo qualcosa che assomigli ad una reazione per quanto tardiva, la musica sembra fin da subito diversa. Ed il 3-0 fallito pochi istanti prima del riposo assume una connotazione un tantino diversa.
Bernardeschi e Alonso non tengono più le fasce come nel primo tempo, ed anche in mezzo il trio di centrocampo non appare più infallibile. Lasciata a se stessa, una difesa fino a quel momento inoperosa comincia a mettere in risalto i consueti affanni, con Astori in particolare che compie un paio di “roncagliate” (molto meglio il Facundo propriamente detto, quest’oggi), una delle quali consente a Tatarusanu di riprendere diversi dei punti persi durante l’autunno.
Sousa capisce che la squadra non tiene più il campo come prima, subendo le ricorrenti folate palermitane. Peccato che reagisca da allenatore nostrano vecchio stampo, togliendo attaccanti e mettendo difensori. Prima esce Ilicic per il redivivo Kuba. Volontà di non infierire sui suoi ex da parte dello sloveno, oppure affanno? Il polacco comunque si sistema a destra e mostra di essere rientrato in squadra con buona condizione e soprattutto buona testa.
Bernardeschi andrebbe al centro a fare quello che sa fare meglio: il numero 10. Senonché appare un po’ in calo, stremato dalle continue rincorse a Lazaar. La decisione del mister di toglierlo a beneficio di Tomovic qualche perplessità per la verità la suscita. Fatto sta che, ne sia consapevole Sousa o meno, da quel momento per la Fiorentina ripassare la metà campo diventa ovviamente un problema non da poco.
Nel frattempo tra i rosanero è entrato l’ex di turno, Alberto Gilardino. La Fiorentina resiste fino al 32’ a negargli la soddisfazione che ha concesso a tutti i suoi ex, prima o dopo. Poi, Morganella diventa incontenibile come Cristiano Ronaldo, Vazquez crossa come David Beckam e Astori non salta sul Gila, che avendo spazio e tempo a pochi passi dalla porta viola di testa non perdona. 2-1 e partita complicata assai, perché ormai la Fiorentina tiene pochi palloni a centrocampo e non riparte più.
I minuti finali sono quelli già sofferti tante volte, e se il Palermo avesse più consistenza in avanti anche il risultato potrebbe diventare quello di altre volte. Al 45’, con quattro da recuperare, Sousa leva l’ultimo attaccante, quel Kalinic che forse è meglio aspettare un po’ prima di paragonare a Omar Gabriel Batistuta e che oggi ha dato vita ad una prestazione difficilmente giudicabile come positiva, e mette dentro il vecchio capitano Pasqual.
Si tratterebbe solo di far passare i minuti calciando via i palloni, ma questa squadra ha un altro DNA. Così, quando il pallone capita sulla tre quarti ad un esausto Borja Valero, lo spagnolo per una volta e proprio nel momento più diffcile la gioca di prima sul filo del fuorigioco lanciando a rete il più fresco e più lucido Kuba. Che davanti a Sorrentino mantiene la giusta freddezza aspettando il momento di metterlo a sedere e di piazzare la palla.
Finisce così, con la bella e ancora un po’ corta coperta viola portata in trionfo dalla sparuta pattuglia di tifosi viola spintasi fino in Sicilia per festeggiare degnamente l’anno nuovo. Mentre scriviamo, Napoli ed Inter hanno ancora da giocare. Ma una Fiorentina a 38 punti è difficile non celebrarla. E non viene certo voglia di criticarla per quei difetti che ancora emergono, complicandole la vita.

La vita in viola continua ad essere bella. La palla è tornata a rimbalzare sull’erba verde dopo la lunga (e per una volta benigna) sosta. Mentre i giocatori vanno al meritato riposo, la società però continui a palleggiare. Presto arriverà un avversario ben più temibile della Befana. Si chiama stanchezza. L’abbiamo già intravista, essa corre accanto ai nostri ragazzi.

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