lunedì 15 febbraio 2016

DIARIO VIOLA: Batte ancora forte il cuore viola



Bisognerà ribattezzarla Zona Fiorentina. Renato Cesarini, mezzala juventina degli anni trenta diventato celebre per aver risolto diverse partite nei minuti finali o di recupero – tanto da dare il proprio nome alla celebre Zona -, può andare in soffitta. La squadra viola rischia di diventare l’eponima del ventunesimo secolo. Dopo Zarate, tocca a Babacar dare alla propria squadra la vittoria all’ultimo tuffo, ormai insperata malgrado i propri meriti e nonostante alcuni demeriti. Ecco, Babacar è un altro che potrebbe dare il proprio nome alla Zona di cui sopra. Il senegalese non è nuovo a simili imprese, tanto che Sousa ormai lo impiega solo nei minuti finali delle gare, quelli in cui evidentemente riesce a rendere di più.
Chi non riesce proprio a legare il proprio nome alle imprese di questa Fiorentina è la famiglia Della valle. Ieri – si può dire ? – colpevolmente assente dalla tribuna del Franchi a prescindere da reali o accampati impegni di lavoro e dall’essere questa sfida con l’Inter evidentemente indigesta per i suoi membri, vuoi per affezioni passate o per conflittualità recenti. Fatto sta che in quella Tribuna campeggia con il suo entourage esclusivamente Erick Thohir, l’imprenditore indonesiano dal 2013 azionista di maggioranza della F.C. Internazionale Milano alla sua prima trasferta al seguito della squadra. Degli omologhi di Viale Manfredo Fanti nessuna traccia. Manco fossimo a San Siro.
E invece siamo allo Stadio Franchi, il giorno di San Valentino. Firenze ci tiene a testimoniare l’amore per la propria squadra riempiendo l’impianto come ormai succede poche volte. Soprattutto, oltre alla vicinanza alla propria squadra che il patto d’onore stretto tra essa ed il suo allenatore ha semmai rinsaldato, ci tiene a ribadire la differenza tra “tifosi” e “clienti”. I primi vanno allo stadio e tanto basta, i secondi vanno a comprare un prodotto e  a volte non trovano nemmeno il venditore, che ha pensato bene di aprire bottega altrove.
Ciò detto, la Fiorentina lasciata a se stessa dalla propria società dimostra di essere sulla strada di ritrovare proprio se stessa aggredendo l’Inter come fece nella partita di andata. Paulo Sousa la mette in campo centellinando il meglio di ciò che ha a disposizione. I 3 in difesa sono Gonzalo, Astori e quel Roncaglia a cui non è stato trovato sostituto in tutta una serie di sessioni di mercato. I 4 a centrocampo sono Alonso, Vecino, Borja Valero e Tello. I 2 trequartisti sono Ilicic e finalmente Bernardeschi, che riportato nella sua posizione più congeniale finalmente esplode a livelli che non esitiamo a definire europei. L’1 in attacco è Kalinic, che non attraversa il momento migliore della stagione ma che ha bisogno di fiducia e minutaggio per tornarci.
Incassato graziosamente il regalo di Mancini che lascia in panchina gente del calibro di Jovetic, Llajic e Perisic, per venti minuti i viola mettono sotto i nerazzurri senza remissione, dimostrando che delle due squadre ritenute in calo rispetto al girone di andata sono i milanesi a passarsela peggio rispetto ai fiorentini. L’ira di Dio Bernardeschi sfonda tre volte, per due volte tira costringendo Handanovic ad interventi all’altezza della sua fama, la terza imbecca Ilicic che la piazza di giustezza invece che di potenza, dando tempo a Telles di posizionarsi e rinviare.
Nel frattempo il difensore interista si è reso protagonista di una singolare doppia ammonizione insieme al compagno Medel da parte dell’arbitro. Il sig. Paolo Silvio Mazzoleni della sezione di Bergamo è un fischietto che già in passato ha dimostrato di non saper tenere in pugno partite complicate se non complicandole ulteriormente. Questo Fiorentina – Inter è un match teso, in campo spesso e volentieri si usa la sciabola più che il fioretto, soprattutto da parte interista. Telles finisce sul taccuino per un fallaccio su Tello, che dalla sua parte cerca di essere all’altezza di Bernardeschi. Medel invece per proteste, avendo a suo dire il direttore di gara omesso di sanzionare analogo intervento da parte di Gonzalo Rodriguez. Con buona pace dell’Inter, sono le poche decisioni che Mazzoleni azzeccherà in questa serata forse decisiva per la lotta al terzo posto.
C’è tempo per un episodio assai dubbio in area interista. Miranda frana a terra cercando di arginare Bernardeschi imbeccato da Kalinic, e finendo per travolgere anche il numero 10 viola. Lo stadio insorge, ma Mazzoleni è imperturbabile. Dopodiché accade ciò che a detta di tanti se non tutti rende il calcio bello e imprevedibile, ma anche a volte profondamente ingiusto. Nell’unica azione di contropiede degna di questo nome Kondogbia imbecca Rodrigo Palacio che con i suoi 34 anni dimostra di essere ancora il migliore dei suoi nonché una bestia nera per i viola, andando sul fondo a crossare al centro per un accorrente e liberissimo Brozovic. Il croato non perdona e l’Inter si ritrova avanti in una partita dove a quel punto avrebbe potuto subire già un nuovo tracollo.
E’ il kharma viola di questi anni, tanta fatica per segnare e avversari che vanno in gol alla prima occasione. Partita in salita improvvisa dopo aver offerto una promettente discesa. La Fiorentina accusa il colpo, restando in campo frastornata come un pugile raggiunto da un uppercut improvviso. L’Inter per mezz’ora tra la fine del primo tempo e l’inizio della ripresa si ritrova padrona del match, pur senza riuscire ad imbastire una azione degna di tal nome per provare a chiuderlo e issarsi stabilmente al terzo posto superando la diretta concorrente. Anzi, è ancora Handanovic a fare miracoli al 45’ su testata di Vecino che sembra diretta al sette.
La Fiorentina rientra in campo in debito con la sorte e ancora piegata in due dal colpo ricevuto, ma pian piano ricomincia a crederci. Per un quarto d’ora tuttavia l’Inter ha buon gioco ad aspettarla (a volte anche pressando in alto) e a cercare di innescare un evanescente Icardi e un mai domo Palacio. Sousa capisce che c’è bisogno di imprevedibilità per spostare l’inerzia di questa partita che si sta mettendo male e chiama fuori Tello per Zarate.
La leggenda parlerà nei secoli dei secoli della magia dei cambi del mister portoghese. In realtà, l’argentino dimostra subito di avere i numeri per mettere in crisi anche da solo quella strana difesa dell’Inter, seconda in campionato per imperforabilità e tuttavia capace di prenderne tre in una botta sola in quel di Verona. Nel rimescolamento di carte che si crea con il suo ingresso, gli alfieri viola ritrovano spazi e convinzione.
E’ il 15’ quando Ilicic crossa da destra, sono in tre i gigliati in mezzo all’area a cercare di raccogliere l’assist, ed è il più improbabile dei tre a riuscirci. Borja Valero segna di testa uno dei suoi gol più belli e più importanti. Proteste interiste, ma il replay mostra Murillo che sfiora la palla rimettendo in gioco tutti i viola in sospetto fuorigioco. Non Borja , in ogni caso.
Si riparte con il vento che è girato un’altra volta. Adesso è l’Inter ad accusare il colpo. La Fiorentina capisce che può fare il colpaccio e riprende a ruminare gioco come aveva fatto prima del vantaggio di Brozovic. Dopo tre minuti potrebbe passare di nuovo, grazie ad un fallo di mano in area di Telles su lancio di Zarate che pare decisamente intenzionale, oltre che plateale. Mazzoleni è una statua di sale. Nel frattempo Mancini mette dentro Perisic, che riequilibra l’ingresso di Zarate. La partita adesso non è bella, ma è avvincente, quasi da campionato inglese. Il risultato appare in bilico, e può essere sbloccato da un qualsiasi episodio.
Il tempo trascorre, e la “Zona Fiorentina” si avvicina. Bernardeschi riesce finalmente a scardinare i raddoppi sistematici con cui la difesa nerazzurra l’aveva in qualche modo arginato. Al 37’ una sua penetrazione costringe Telles al secondo fallaccio ed al secondo giallo. Con l’Inter in dieci, Mancini toglie Palacio per D’Ambrosio. Sousa risponde chiamando fuori Vecino e Ilicic e buttando dentro Tino Costa e Babacar.
E’ una mossa dettata da lucida disperazione. Un tentativo di vincere una partita meritata malgrado tutto ciò che stasera ha remato contro. E’ una occasione per l’ex promessa senegalese di legare il proprio nome ad una impresa, a meritarsi in futuro qualche minuto in più degli spiccioli che ultimamente il mister gli riserva.
La Fiorentina dice all’Inter che ci crede, non ha paura e vuole vincerla. Pur con qualche patema in difesa, i viola si buttano avanti decisi a sfruttare anche i tre minuti di recupero concessi da Mazzoleni. Ne basta uno, il primo. Tocca a Zarate provare a piegare le mani dell’omnipresente Handanovic, che compie l’ennesimo miracolo. L’ultimo, perché sulla ribattuta la palla carambola sul petto di Babacar e finisce in rete, facendo esplodere lo Stadio Franchi. Gol fortunoso? Forse, ma bisogna esserci perché la palla ti batta addosso. Stasera a Kalinic mancava ancora qualcosa, nonostante la buona volontà. Quel qualcosa che il destino ha voluto ci mettesse Khouma El Babacar in quei brevi istanti a lui concessi.
Finisce al 50’, con Mazzoleni che fa recuperare sul recupero non prima di aver buttato fuori anche Zarate. Nel parapiglia delle battute finali il viola si trova in mezzo a cinque interisti, ma evidentemente dice qualcosa di troppo e soprattutto indugia a lasciare il terreno di gioco reiterando le proteste forse non del tutto ingiustificate. Prevedibile squalifica pesante?
E’ una serata comunque che dal possibile dramma (sportivo, si intende) vira all’apoteosi. Del resto è San Valentino, e Firenze si scopre più che mai innamorata di questa Fiorentina. Desiderosa di seguirla fino alla fine e di conoscere cosa riserva la sorte a questo gruppo che ha stretto un patto d’onore: tutti per uno, uno per tutti.
Pazienza per chi non c’era. Firenze città d’arte, accoglie chi resta, ignora chi parte.


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