martedì 3 maggio 2016

I Marò tornano a casa



Quattro anni. Tanti ce ne sono volute affinché lo strano caso dell’Erica Lexie e della detenzione in India dei due fucilieri di marina italiani Massimiliano Latorre e Salvatore Girone al di fuori di ogni garanzia di diritto internazionale arrivasse a soluzione.
La notizia che tutta l’Italia (o almeno quella parte della sua popolazione che può a buon diritto ancora riferirsi a se stessa con il nome di Italia) attendeva assieme alle famiglie Latorre e Girone è finalmente arrivata ieri all’ora di pranzo dall’Aja, la città olandese dove ha sede il Tribunale Internazionale arbitrale.
Il governo italiano, il terzo in ordine di tempo ad occuparsi della più grave crisi internazionale coinvolgente il nostro paese almeno fino all’omicidio di Giulio Regeni, aveva intrapreso la strada del ricorso all’organismo di giustizia internazionale nel luglio 2015, riprendendo un’idea a suo tempo avanzata dalla diplomazia italiana ai tempi in cui essa era diretta da Emma Bonino.
La strada, per quanto lunga sia nel tratto già percorso che in quello da percorrere, si è dimostrata peraltro quella giusta. L’unica forse possibile. Scrive il tribunale dell’Aja nella sua sentenza di ieri: «Italia e India devono cooperare, anche davanti alla Corte Suprema indiana, per ottenere un allentamento delle condizioni cautelari del sergente Girone così che possa, in base a considerazioni di umanità, tornare in Italia, mentre rimane sotto l'autorità della Corte Suprema indiana durante il periodo dell'arbitrato».
In pratica, dopo Massimiliano Latorre che si trova già da tempo nel nostro paese in regime di permesso speciale (prorogato di recente) per rimettersi dai postumi dell’ictus che l’aveva colpito durante la detenzione in India, anche Salvatore Girone può fare finalmente ritorno a casa in famiglia, pur rimanendo sotto «l'autorità della Corte Suprema indiana durante l'arbitrato internazionale».
Nella nota con la quale la Farnesina ha dato notizia con legittima soddisfazione del pronunciamento della Corte dell’Aja e della svolta della vicenda nel senso auspicato, si va addirittura oltre. «Il Governo ha lavorato per sottoporre l'intera vicenda all'arbitrato internazionale e, in questo quadro, riportare a casa i due Fucilieri di Marina. L'ordinanza annunciata apre la strada a questo risultato. Si tratta quindi di una buona notizia per i due Fucilieri, le loro famiglie e per le ragioni sostenute dal Governo e dai nostri legali. Il Governo conta su un atteggiamento costruttivo dell'India anche nelle fasi successive e di merito della controversia».
In sostanza, il Ministero degli Esteri italiano ipoteca anche l’esito del successivo dibattimento, sottolineando come l’organo arbitrale internazionale non potrà non riconoscere le buone ragioni del nostro paese e dei suoi militari in servizio, nell’ambito di una vicenda in cui le autorità indiane si sono comportate fin da subito in modo da lasciare numerose e gravi perplessità nell’opinione pubblica non solo di parte, ma anche internazionale.
Al di là delle dichiarazioni, chi conosce un po’ delle segrete cose di cui si nutre la diplomazia, non può non cogliere il senso più importante di questa svolta. I Marò tornano a casa dopo quattro anni, grazie ad una sentenza che è stata scritta nelle cancellerie diplomatiche prima ancora che nelle aule di tribunale internazionale. Una sentenza magistralmente redatta in modo da salvare capra e cavoli, faccia ed orgoglio indiani insieme alle ragioni italiane.
A questo punto, è la parte non scritta tra le righe di questa sentenza storica, qualunque cosa succeda Latorre e Girone la vivranno qui, tra i loro connazionali ed i loro familiari. E la sensazione è che non potrà succedere altro che una conclusione la più indolore possibile per una crisi che è durata anche troppo ed i cui contorni ed ambiti reali restano comunque da definire.
Il clima in questi quattro anni è tra l’altro assai mutato, ed è da auspicare che non si verifichi una ripetizione della tragicomica gaffe del governo Monti che in occasione delle vacanze di Natale 2012 e del permesso speciale concesso dagli indiani ai due Marò di trascorrerlo in famiglia, non colse al volo l’opportunità di chiudere allora d’autorità una vicenda che con il diritto aveva poco o nulla a che fare.
La sensazione, ribadiamo, è che stavolta le circostanze consentano – a prescindere da qualsiasi valutazione si voglia dare della vicenda complessiva – di chiuderla diversamente, e con soddisfazione di tutti. In questo senso, concediamo al governo Renzi di dare grande risonanza all’evento ed al proprio ruolo svolto nel determinarlo. Di sicuro, la diplomazia italiana ha fatto il suo dovere in modo egregio.

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