martedì 8 novembre 2016

God bless America



Si vota, finalmente. Gli americani vanno alle urne, e finalmente gli opinionisti di professione potranno smetterla di tormentarci con le loro opinioni sui fatti di casa altrui, e torneranno a tormentarci con le loro opinioni sui fatti di casa nostra.
Clinton o Trump. Chiunque vinca, governerà il suo paese con il sostegno di tutti, vincitori e vinti. Qualcosa che noi italiani possiamo soltanto invidiare. Il nostro governo in genere non ha il sostegno neanche di chi ce l'ha messo, o di chi l'ha votato (quando succede).
Passano gli anni, e dai commenti che si leggono si evince che noi del sistema americano ci capiamo sempre meno. Ed è un peccato. Stiamo lì a lamentarci del pazzo Donald e della strega Hillary, quando poi passiamo il resto del tempo a magnificare un sistema che permette a chiunque di diventare presidente. Delle due l'una, o siamo ipocriti prima, o siamo disconnessi adesso.
Chiunque può diventare presidente in America, è vero, anche la persona più improbabile, basta che raccolga consensi. E' la democrazia, bellezze. Si può capire che noi italiani non ci siamo abituati. E allora invidiamo chi ce l'ha, magari cercando di attenuare la nostra invidia con lo sfogo di tante sciocchezze dette e scritte. E senza rendersi conto che qui dalle nostre parti non siamo più abituati a rispettare - in qualsiasi circostanza - chi non la pensa come noi. Sarebbe il caso di riabituarsi.
Chi vincerà? Dimentichiamoci i sondaggi, sono fatti - senza offesa, è la realtà - da gente a libro paga, valgono come i pronostici del Totocalcio, nella migliore delle ipotesi.
Hillary Clinton rappresenta la continuità con la peggiore amministrazione della storia americana: non quella di suo marito (che è da rivalutare), ma quella del primo figlio del popolo nero. Una delusione epocale, un chiacchierone tra i più insopportabili e meno concludenti tra quanti si sono insediati alla Casa Bianca. Ci scuseranno i politicamente corretti e i simpatizzanti democratici. Un chiacchierone inconcludente è un chiacchierone inconcludente, anche se proviene dalla stesso gruppo etnico di Martin Luther King e Mohamed Alì.
Ma Hillary Clinton sarebbe anche la prima donna della storia alla guida del paese più potente del mondo. Un esperimento, un evento sul cui fascino e la cui importanza non è neanche il caso di soffermarsi, tanto è evidente.
Dall'altra parte, Donald Trump è fatto oggetto della stessa disistima (spesso interessata) di cui beneficiava Ronald Reagan nell'anno di grazia 1980. Stessi discorsi, il mondo sull'orlo della terza guerra mondiale, il pazzoide nella stanza dei bottoni, il guerrafondaio alla guida di un mondo perennemente sull'orlo della guerra.
Reagan fu uno dei più grandi presidenti di sempre, e vinse la Guerra Fredda, nientepopodimeno. Trump, al netto di certe prese di posizioni estroverse e vistosamente elettorali, viene dalla stessa estrazione politica e promette le stesse cose. C'é da scommettere che sconfiggerebbe anche lui l'Orso Russo, ma non sul campo: semplicemente mettendosi d'accordo con Putin. Lo farebbe in cinque minuti.
Si rischia più una guerra, se proprio vogliamo dirla tutta, con le posizioni intransigenti del duo Obama - Clinton che con il pazzoide, che ha affari in tutto il mondo e che non vuole assolutamente comprometterli, non più di quanto Caprotti volesse lasciare l'Esselunga ai figlioli.
Chiunque vinca, da stanotte avrà un paese dietro di se. Lealmente e compiutamente. E tutta l'invidia di chi, da quest'altra parte dell'Atlantico, sognava una democrazia di questo tipo, e ormai sa che in Italia non la vedrà.
Lo spettacolo degli americani che vanno a votare si rinnova, una volta di più.
Dio benedica gli Stati Uniti d'America.

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